di Marco Bertoncini. La strada è in salita. Il governo è inguaiato per liberalizzazioni e lavoro. Sono riforme per attuare le quali, l’esecutivo deve evitare la tenaglia costituita dalle categorie e dai due maggiori partiti che di malanimo lo sorreggono.
Se la rivolta dei tassisti ha raggiunto forme indigeste e da tutti rilevabili, anche per il relativo costo in termini di problemi concreti, non è detto che altre categorie siano meno intenzionate alla protesta. La spettacolarità sarà inferiore, ma il peso per i ministri non sarà indifferente. A sostegno delle corporazioni si schierano, secondo opportunità, destra e sinistra. Il Pd, da mesi, è condizionato da Susanna Camusso, e cerca di mettere in un angolo il visibile dissenso interno. Il Pdl batte e ribatte a favore di categorie che si ritengono colpite dalle liberalizzazioni. Guardando di là degli aspetti contingenti, siamo di fronte alla conferma che, quando si toccano interessi di minoranze, riesce difficile una riforma, anche se essa reca vantaggi alla stragrande maggioranza. Scarso è il beneficio per quasi tutti; pesante è o può essere il danno per i singoli. E i singoli, se ben organizzati, sono in grado non solo di farsi sentire, bensì pure di condizionare governo e Camere. Rispetto a quasi tutti gli altri esecutivi, il presente gabinetto presenta il vantaggio di essere composto di persone che non devono rispondere a un partito. Tuttavia il governo, nell’insieme, deve rispondere a chi gli fornisce i voti, perché, da parte propria, può contare solo su un benevolo Terzo polo (e su un buon numero di parlamentari di gruppi minori, del cui apporto i ministri sono così convinti che nemmeno si premurano di convocarli). Si può star certi che non bastano i colloqui ad alto livello. Ci vorrà molta pazienza per stendere un articolato che non subisca intoppi nei passaggi parlamentari. Monti si può scordare lo spedito cammino della manovra
ItaliaOggi 14 gennaio 2012