Servono ragioni eccezionali e comparazione tra candidati. Per questi motivi i giudici contabili hanno bocciato il rinnovo di tre co.co.co. dell’università di Catanzaro
Non sono conformi alle previsioni contenute all’articolo 7, comma 6 del Testo unico sul pubblico impiego, i contratti di collaborazione coordinata e continuativa che, non appena scaduti, vengono riaffidati agli stessi soggetti e per le medesime finalità. In tali fattispecie, infatti, posto che tra i requisiti legittimanti l’affidamento di una prestazione co.co.co. vi è la temporaneità, manca altresì una seppur minima procedura comparativa di affidamento richiesta dalla norma. Lo ha messo nero su bianco la sezione centrale di controllo sulle amministrazioni dello Stato della Corte dei conti, nel testo della delibera n. 24/2011, pubblicata lo scorso 4 gennaio, ricusando il visto e la conseguente registrazione dei rinnovi di tre contratti di co.co.co. (riferiti al biennio 20092011) stipulati dall’Università di Catanzaro con soggetti esterni all’organigramma dell’Ateneo. La Corte ha rilevato che ai sensi dell’art.7, commi 6 e 6-bis, del dlgs n. 16512001, le pubbliche amministrazioni, per esigenze cui non siano in grado di far fronte con personale in servizio, possano ricorrere al conferimento di incarichi individuali, con contratti di lavoro autonomo di natura occasionale o coordinata e continuativa, affidati a esperti di particolare e comprovata specializzazione, anche universitaria, al ricorrere di ben precisi presupposti. Tra le prerogative legittimanti l’affidamento esterno, l’oggetto della prestazione non deve mai consistere nello svolgimento di funzioni ordinarie. Inoltre, l’amministrazione conferente deve avere preliminarmente accertato l’impossibilità oggettiva di utilizzare le risorse umane disponibili al suo interno e tale indisponibilità deve avere sempre carattere qualitativo e non quantitativo. Infine, la prestazione deve essere di natura temporanea ed altamente qualificata. A proposito della durata dei contratti di collaborazione, è stata in più occasioni ribadita sia dalla giurisprudenza che dalla prassi amministrativa la necessità che gli incarichi ex art. 7, comma 6, del dlgs n. 165/2001 abbiano natura temporanea, in quanto conferiti allo scopo di sopperire ad esigenze di carattere temporaneo per le quali l’amministrazione non possa oggettivamente fare ricorso alle risorse umane e professionali presenti al suo interno. Al riguardo, infatti, l’indirizzo giurisprudenziale prevalente in materia considera l’incarico di collaborazione coordinata e continuativa non prorogabile, se non a fronte di un ben preciso interesse dell’amministrazione committente, adeguatamente motivato e al solo fine di completare le attività oggetto dell’incarico, limitatamente all’ipotesi di completamento di attività avviate, contenute all’interno di uno specifico programma e neppure rinnovabile.
Quindi, il ricorso ad incarichi di collaborazione di tipo coordinato e continuativo deve costituire un rimedio eccezionale per far fronte ad esigenze peculiari, per le quali l’Amministrazione necessiti dell’apporto di specifiche competenze professionali esterne, in quanto non sono rinvenibili al suo interno. Ora, nel caso in esame, a due anni di distanza dall’adozione dei primi contratti, non si possono considerare feccezionalità e la temporaneità quali presupposti che giustifichino l’affidamento di nuovi incarichi alle stesse persone, in assenza, peraltro, di una procedura comparativa. A ciò si aggiunga che in questo frangente, l’Ateneo non ha trovato medio tempore, una soluzione in termini di programmazione dei fabbisogni di personale, nonché in termini di aggiornamento dei profili professionali già incardinati nella propria struttura amministrativa.
ItaliaOggi – 9 gennaio 2012