Sviluppo economico e Infrastrutture: Corrado Passera è il titolare delle deleghe chiave per le misure sulla crescita del Paese. Attorno al ministro si potrebbe formare un nuovo “grande centro”
I politici più consumati lo hanno capito subito: tra i ministri del nuovo governo il più ambizioso di tutti è Corrado Passera. Tanto è vero che i partiti hanno iniziato a corteggiare, riservatamente e senza sosta quel manager che nel corso degli anni è passato tra ristrutturazioni aziendali, esercizi spirituali e fusioni di grandi banche. Appena varato il governo Monti, Passera passava per l’uomo di Berlusconi. Ma qualche giorno più tardi, dopo un incontro a tu per tu con Massimo D’Alema e una presa di posizione contro la gratuità delle frequenze televisive per il digitale terrestre, nel Palazzo si è consolidata una voce: Passera si è “buttato” a sinistra, presto formerà un partito moderato, asse del futuro centro-sinistra. Ma tra Natale e Capodanno – ecco l’ultima novità – i colloqui riservati del ministro con Raffaele Bonanni (leader della Cisl e patron di un nuovo partito di ispirazione cattolica caro a Santa Romana Chiesa) hanno fatto segnare una nuova oscillazione del pendolo. Passera si sarebbe deciso a sponsorizzare il disegno caro alle gerarchie cattoliche – la nascita di una sezione italiana del Ppe – tanto è vero che nei colloqui, lo stesso Passera ha iniziato a definire «area vasta» l’agglomerato di forze sociali e politiche che dovrebbe confluire nel nuovo partito. Di questo e di altro, Passera parlerà nei prossimi giorni nel corso di un colloquio che il ministro ha chiesto al cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei e regista dell’operazione-Ppe.
Certo, potrebbe anche esserci qualche eccesso di fantasia nelle tante e contrapposte etichette attribuite dai partiti al ministro Passera. O al ministro della Cooperazione Andrea Riccardi. Ma proprio questo attivismo delle forze politiche attorno ai tecnici di punta del nuovo governo attesta due fenomeni nuovi: i partiti stanno provando a costruire un sistema di alleanze per le prossime elezioni politiche, anche se per il momento sembrano esaurire i propri orizzonti, limitandosi a corteggiare i nuovi arrivati, Mario Monti, Corrado Passera, Andrea Riccardi. Sostiene un osservatore attento come il professor Alessandro Campi, a suo tempo ispiratore della stagione più innovativa di Gianfranco Fini: «Espulsi dall’arena decisionale, esposti alla riprovazione dell’opinione pubblica, privi di idee, i partiti dovrebbero aprirla anche loro una salutare “fase due”. All’insegna dell’autocritica e della resipiscenza, finalizzata ad un rinnovamento dei loro programmi». Una vena di scetticismo condivisa da un politico di lungo corso e di sguardo lungo come Marco Follini: «Secondo la divisione dei compiti, Monti si occuperà di economia, mentre i partiti dovrebbero fare le riforme politico-istituzionali. Ma il dibattito iniziatico che si è aperto rende probabile un rischio: se si va avanti con un anno di inanità e di mugugno verso il governo, le forze politiche, anziché rigenerarsi, rischiano di non potersi ripresentare alle elezioni».
Per il momento i leader dei partiti dedicano gran parte delle proprie energie all’”ingegneria delle alleanze”. Con schemi di gioco che nelle ultime settimane sono radicalmente cambiati, spesso diversi dalle dichiarazioni pubbliche. Epicentro del terremoto che dovrebbe scomporre e ricomporre i vecchi schieramenti è Santa Romana Chiesa, fautrice della nascita di nuovo partito moderato di centro, un Ppe all’italiana, di ispirazione cattolica e antifascista, in competizione bipolare con la sinistra, capace di comprendere un Pdl de-berlusconizzato a guida Alfano, i moderati del Pd, la Cisl e ovviamente l’Udc di Casini. E qui spuntano le sorprese. Il bel Pier, nonostante le pressioni della Cei, dietro le quinte resiste all’idea di finire in un’area così vasta e, prevede, ancora molto influenzata da Berlusconi. E infatti Casini (assieme a Fini, che prima di Natale ha ammainato la bandiera bipolarista) è diventato il principale sponsor della presentazione alle prossime elezioni del “tripartito” che attualmente sostiene il governo Monti: «Non credo – dice Casini – che fra un anno verranno meno le ragioni costitutive di una collaborazione» tra Pdl, Pd e Terzo polo. E il Pd? Anche da quelle parti, lo schema precedente (l’alleanza con Di Pietro e Vendola) è invecchiato e dunque Pier Luigi Bersani punta ora tutte le sue fiches su un «nuovo patto tra progressisti e moderati», un’alleanza esclusiva Pd-Terzo polo. E infatti il rischio di restare emarginato per anni e anni lo ha capito Nichi Vendola che, pur critico con Monti, chiosa: «Il governo ha reclutato eccellenze», «straordinarie personalità».
Lastampa.it – 3 gennaio 2011