Province, esplode la rivolta dei dipendenti. Da oggi i palazzi pubblici saranno presidiati se non addirittura occupati, con un crescendo di assemblee e volantinaggi che dureranno tutto il weekend e diventeranno manifestazione regionale lunedì mattina a Treviso, al Sant’Artemio. La protesta è stata annunciata nel giorno dell’approvazione della legge di stabilità che spaventa oltre mille dipendenti èubblici in Veneto.
La partita è quella della soppressione delle Province e l’epilogo non è ancora stato scritto. La legge, infatti, ha deciso tagli del 50% nelle Province in ossequio al mantra «meno funzioni, meno dipendenti» (percentuale che si riduce al 30% per Belluno e la città metropolitana di Venezia) ma non spiega dove finiranno gli «esuberi». Stando alle stime dell’Upi, Unione province italiane, sono coinvolte 19.339 persone a livello nazionale; l’Upi prevede un taglio di costi di 862 milioni di euro nel 2015. Ponendo il focus sul Veneto, stando ai calcoli de Il Sole 24 Ore, rischiano di essere trasferiti 1.356 dipendenti, che costano all’Erario 59,2 milioni: il record spetta a Treviso (283 dipendenti per 12,5 milioni di euro, gli altri valori nella tabella). «Sono valori di media ponderata, ma grossomodo rappresentano la realtà, anche se poi ogni ufficio fa caso a sé», fa sapere Leonardo Muraro, presidente della Provincia di Treviso e leader per l’Upi della protesta. E se digitare dei numeri in un file excel è banale, tradurli in realtà diventa dramma sociale.
Il nodo resta la ridistribuzione degli uomini e al momento, su questo fronte, non è stato fatto (quasi) nulla. Chi pagherà gli stipendi? «Non sappiamo ancora dove saremo assegnati, a gennaio lavoreremo per un ente che non ha più funzioni da gestire», tuona da Rovigo Marina Paparella, Rsu della Funzione Pubblica che ha organizzato, a partire da stamattina, un’assemblea permanente che a notte potrebbe trasformarsi in occupazione. «Anche noi siamo pronti ad occupare», fa sapere Tania Giacomel, sua omologa che a Mestre sta organizzando il presidio all’ora di pranzo, come in tutti gli altri capoluoghi.
Sul piede di guerra, peraltro, ci sono anche i sindaci. Perché, nel rimpallo di responsabilità, il timore è che i dipendenti delle Province finiscano in carico ai municipi. «Non c’è chiarezza sul punto e temiamo che l’ente Provincia cessi di funzionare senza essere sostituito», dice Maria Rosa Pavanello, sindaco a Mirano e presidente regionale Anci. Sul tema incalza Assunta Motta, referente regionale di Fp, che sventola lo spettro dei licenziamenti. «C’è incertezza, tanto più perché gli enti destinatari dovrebbero avere risorse al momento non stanziate».
Nel pieno della bagarre, frena i malumori Giorgio Santini che per il Pd ha seguito i lavori in commissione e che richiama tutti all’origine del problema: «Questa riforma si è voluta a furor di popolo, ora la stiamo attuando. Lasciamo alle Province solo competenze primarie come strade e scuole superiori, oltre a segmenti di azione su territorio e ambiente – spiega – I posti di lavoro restano garantiti a tutti. Non ci saranno licenziamenti, ma percorsi professionali da trasferire da un ente ad un altro».
C’è poi il fronte dei disservizi. Muraro da mesi ripete che rischiano di saltare manutenzione strade e scuole. «Ma ci saranno anche disagi al centro per l’impiego, nella formazione professionale e nei corsi per reinserimento dei lavoratori oltreché il trasporto a scuola per i ragazzi disabili. E alla fine, di risparmi reali, ce ne saranno ben pochi».
Il Corriere del Veneto – 19 dicembre 2014