Non ce ne libereremo mai. Arriverà anche il 15 aprile 2015, data ultima per l’applicazione delle quote latte e saremo ancora lì ad arrovellarci su multe, contenziosi, dati veri, presunti e fasulli, controlli mancati o tardivi. Ed è per colpa di questi ultimi, la mancanza di controlli o la loro insufficienza, che adesso la Commissione europea chiede indietro più di 70 milioni di euro.
La storia è vecchia e inizia nel 2003. Da quella campagna lattiera e sino a quella del 2006/2007 la Commissione contesta all’Italia irregolarità nei controlli riscontrate in Abruzzo, Lazio, Marche, Puglia, Sardegna, Calabria, Friuli Venezia Giulia e Valle d’Aosta. Così la Commissione accusa l’Italia di non aver versato alle casse del Feaog (Fondo europeo agricolo di orientamento e garanzia) parte del superprelievo derivante dal superamento della quota nazionale. In particolare la Commissione ha accusato l’Italia di aver fatto in ritardo i necessari controlli, cosa che avrebbe pregiudicato l’attendibilità dei dati raccolti. E non essendo in grado di valutare con precisione i quantitativi di latte prodotto non ha potuto nemmeno valutare con esattezza quanto dovuto al Feaog, che dunque avrebbe subito delle perdite. In questi casi i regolamenti comunitari prevedono che sia possibile applicare sanzioni attraverso una rettifica finanziaria forfettaria che la Commissione aveva stabilito in 85,625 milioni di euro, da mettere a carico del bilancio della Repubblica italiana.
Ricorso respinto
La decisione di applicare queste sanzioni risale al 2011, ma l’Italia aveva impugnato la sentenza chiedendone l’annullamento, adducendo varie motivazioni come la non corretta applicazione di alcuni calcoli, l’errata esecuzione dei controlli sugli acquirenti, gli errori nelle percentuali di rettifica finanziaria utilizzate per stimare il possibile superamento di quota e via di questo passo. Nel frattempo il conto finale a carico dell’Italia era sceso un po’, fermandosi a 70,912 milioni. Ma il 2 dicembre di quest’anno ecco arrivare la sentenza del Tribunale europeo che ha fatto carta straccia del ricorso italiano respingendolo con 158 punti di commento. Una lunga dissertazione (la si può leggere a questo link) che si conclude così:
Per questi motivi,
IL TRIBUNALE (Seconda Sezione)
dichiara e statuisce:
1) Il ricorso è respinto.
2) La Repubblica italiana sopporterà le proprie spese nonché quelle sostenute dalla Commissione europea.
Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 2 dicembre 2014.
Agronotizie – 3 dicembre 2014