È il plasma dell’infermiera spagnola contagiata e poi guarita dal virus di Ebola l’arma che allo Spallanzani di Roma stanno utilizzando per sconfiggere l’infezione che ha colpito Fabrizio, il medico siciliano ricoverato in stato di massimo isolamento da martedì nell’ospedale romano. I medici che lo stanno seguendo minuto per minuto dicono che questa è la fase più delicata nel decorso della malattia, che nasconde più insidie proprio nei primi dieci giorni dal manifestarsi dei primi sintomi.
E ieri l’altro il paziente Ebola numero 1 «ha presentato un rialzo febbrile ed un peggioramento delle condizioni cliniche e dei parametri ematologici», recita il terzo bollettino medico.
In realtà nel pomeriggio di mercoledì Fabrizio è stato proprio male. Dolori e febbre sopra i 40, globuli bianchi e piastrine scesi di parecchio. Ma il nostro dottore ha una fibra di ferro e in serata, sparita la febbre, si è nuovamente alzato dal letto ed è tornato a comunicare con medici e familiari. Questi ultimi solo tramite cellulare, perché ogni visita è assolutamente vietata. Quel che più conta però è che non presenta i sintomi caratteristici della malattia quando questa è in stato avanzato, ossia emorragie e disidratazione.
«Sta affrontando la malattia con grande carattere», ha confidato il ministro della salute, Beatrice Lorenzin.
Il siero estratto dal plasma dell’infermiera spagnola convalescente contiene un concentrato di anticorpi che i medici dello Spallanzani confidano essere in grado di bloccare la riproduzione del virus nell’organismo. Studi clinici che possano dimostrarne scientificamente l’efficacia non ne esistono ancora, ma sui militari americani infettati in Africa sembra sia riuscito a mettere ko il virus. Oltre al siero i sanitari stanno utilizzando anche una seconda arma, un farmaco antivirale in fase sperimentale, in grado anch’esso di produrre una risposta immunitaria nel paziente. Entrambi gli antidoti possono però provocare danni all’organismo e per questo Fabrizio è costantemente monitorato.
Intanto l’Oms ha diffuso ieri i nuovi dati sulla diffusione di Ebola in Africa, dove il conteggio delle vittime è salito a 5689. Ma mentre l’epidemia sembra stabile o in regressione in Guina e Liberia, «è senza dubbio in crescita in Sierra Leone». E uno studio pubblicato dal New England Journal of Medicine rivela che proprio qui, dove il nostro medico cinquantenne ha contratto l’infezione, il virus è più aggressivo, con tassi di mortalità del 74%, che salgono però al 94% negli over 45.
La Stampa – 28 novembre 2014