Se mai servisse un racconto per testimoniare quanto può essere profondo il rapporto di un essere umano con un animale, l’amico animale, si dovrà ricordare l’addio di Sheila Marsh al suo Bronwen. Una donna di 77 anni che è morta di tumore dopo avere ricevuto l’ultimo omaggio, un bacio sulla guancia dal cavallo che aveva cresciuto, allevato curato per tantissimo tempo.
E per fortuna che questo istante, l’istante dell’incontro finale, è stato immortalato dalle macchine fotografiche davanti all’ospedale di Wigan perché, forse, sarebbe risultato persino difficile credere a una favola del genere, che poi favola non è ma è storia di una intesa fortissima e unica, certificata dal saluto dolce fra un’anziana signora e l’amico del cuore, l’amico con cui ha condiviso passeggiate, corse e lunghe galoppate.
Sheila Marsh, quando ancora ne aveva le forze, lavorava all’Haydock Park, un ippodromo del Lancashire nel nordovest inglese. Era appassionata di animali. E di cavalli soprattutto. Ne aveva sei, oltre a tre gatti e tre cani. Si dice che le donne, più degli uomini, riescano a sviluppare una relazione speciali con i cavalli: questione di tatto, di dolcezza, di gentilezza. Chissà se è davvero così. Ma Sheila, sposata e con figli e quattro nipoti, aveva per Bronwen un’attenzione eccezionale. Lo aveva preso che era un puledro di poche settimane e lo ha tenuto con lei per venticinque anni. Era il suo favorito. Gli parlava. Lo curava. Lo portava a correre quando ancora era occupata all’Haydock Park e soprattutto dopo, una volta andata in pensione.
Ma Sheila Marsh si è ammalata. Un tumore che i medici le hanno diagnosticato come non guaribile. Ed è cominciato un calvario di cure che ha rallentato il decorso fino all’epilogo di due giorni fa. Sheila sapeva di avere una manciata di ore a disposizione e nella sofferenza ha chiesto di esaudire un desiderio: rivedere per l’ultima volta il suo Bronwen.
Non è facile organizzare un incontro fra una paziente che è in punto di morte e il suo animale, il suo cavallo, il suo amico del cuore. Ma la figlia Tina è riuscita a convincere gli infermieri e i medici. Sarebbe stato un atto di amore verso la donna. E lo è stato. Sheila su una barella, con il respiro allo stremo. Però con la mente lucida. Con gli occhi che brillavano.
Certo si rischia di sconfinare e si sconfina nella cronaca strappalacrime. Ma più che strappalacrime deve essere la cronaca di un’azione dolce compiuta da tutti i suoi protagonisti, una cronaca che ci spiega quanto sia misterioso e bello il rapporto fra l’uomo e la natura, fra l’uomo e gli animali, che ci dice quanto importante sia la comprensione delle strutture ospedaliere.
Gail Taylor, infermiera specializzata nella assistenza ai malati terminali e alle famiglie, ha voluto i fotografi per ricordare e ha raccontato quei pochi minuti. È una testimonianza commossa e diretta: «Il personale ha spinto il letto con le rotelle fino all’ingresso dell’ospedale. Sheila lo ha chiamato con delicatezza e Bronwen si è avvicinato. Il cavallo si è piegato teneramente e l’ha baciata sulla guancia. Come se fosse consapevole dell’addio».
Poche ore più tardi Sheila si spegneva. E si spegnava sicuramente felice. Non solo per avere ritrovato il suo Bronwen ma anche per l’intelligenza e l’accortezza di un ospedale che le ha consentito il più desiderato degli addii
Il Corriere della Sera – 9 novembre 2014