Non vogliono quei tagli, ma cominciano a pensarci e a proporre strade alternative per evitare che i quattro miliardi messi in conto dalla Legge di Stabilità ai loro bilanci pesino sui servizi, sulla tassazione locale e quindi sul consenso degli elettori.
Il giorno dopo la rivolta contro la manovra del governo Renzi, le Regioni sono entrate nell’ottica della trattativa, hanno messo in conto di dover fare la loro parte e hanno stilato un piano B per contenere gli effetti di quello che continuano a ritenere un taglio insostenibile. Lo hanno messo nero su bianco su un foglio che sta già su un tavolo a Palazzo Chigi: pochi punti, i contorni e dettagli tecnici restano da definire in un incontro che sarà messo in calendario la prossima settimana.
Il documento, sul quale fra regioni e governo ora si aprirà la mediazione, mette sul piatto quattro ipotesi e una condizione. La prima, a dire il vero, è molto più che una ipotesi visto che la posta è certa e coprirebbe da sola il 50 per cento di quei 4 miliardi voluti dal governo. Dopo una lunga trattativa con il ministro della Salute Beatrice Lorenzin i governatori avevano infatti ottenuto di innalzare, per il 2015, da 110 a 112 miliardi il Fondo sanitario nazionale. Bene: ora Chiamparino e i colleghi sarebbero disposti a rinunciare a tale, faticoso, risultato. Rinuncia dolorosa (la spesa sanitaria assorbe il 75-80 per cento dei loro bilanci), ma che da sola basterebbe a coprire metà del budget richiesto loro da Renzi.
Come arrivare però al tetto? La seconda strada che propongono di percorrere coinvolgerebbe il Fondo aperto dalle Regioni presso il ministero dell’Economia: una riserva creata apposta per autoproteggersi dai rischi legati ai contratti derivati firmati in passato. Un Fondo cospicuo che, rimodulato a dovere, potrebbe garantire da solo gli altri 2 miliardi di risparmi. L’operazione, se accettata, richiederebbe però un meccanismo finanziario molto complesso ancora allo studio dagli esperti di bilancio. In alternativa a tale strada, se la misura non dovesse andare in porto o dovesse garantire una copertura inferiore al previsto, la rimodulazione potrebbe interessare anche le spese iscritte nei bilanci regionali, tenendo conto delle uscite effettive e della programmazione annuale. L’indebitamento, ipotizzano le Regioni, potrebbe essere ripartito e conteggiato in modo diverso dall’attuale. Per esempio: se per la realizzazione di un opera in tre anni si mettono in conto 90 milioni, l’iscrizione a bilancio riguarderà solo i 30 milioni effettivamente spesi nell’anno in corso. Manovra che generebbe risparmi contabili con i quali accontentare la richiesta di Palazzo Chigi. Anche qui possibilità e dettagli resterebbero però da definire. In «cambio» di tali aperture, è scritto nel documento, le Regioni si impegnerebbero a onorare una condizione: niente ticket sanitari, né aumento delle tasse locali. Niente impatto economico diretto sul cittadino: le due misure, se realizzate, vanificherebbero infatti gli effetti del bonus da 80 euro appena riconfermato e dei tagli al fisco annunciati dal premier.
Della partita se ne parlerà probabilmente nei primi giorni della settimana entrate, in un incontro fra lo stesso Chiamparino e il sottosegretario alla Presidenza Graziano Delrio. I contatti fra i due sono stati frequenti nelle ultime ore, ma la data del vertice per ora non è in agenda. Non sono escluse per altro altre soluzioni. «Fatta salda l’entità delle misure, non abbiamo imposto una soluzione unica – dice Yoram Gutgeld, consigliere economico di Palazzo Chigi – altri risparmi potrebbero venire anche dai trasporti locali: nella Legge di Stabilità ci saranno norme che aiuteranno le Regioni a contenere le spese».
La trattativa è aperta, conferma il governo, restando però fermi i saldi. «Questa è la manovra del Paese e il Paese in tutte le sue dimensioni contribuisce ai tagli» ha precisato Pier Carlo Padoan, ministro dell’Economia. «Siamo pronti a parlarne con le Regioni, ma nel disegno dei saldi. Il come si raggiungono poi è da discutere ».
Repubblica – 18 ottobre 2014