«L’embargo russo? Più che il parmigiano reggiano che non si vende più mipreoccupa il “Regianito” made in Argentina che si vende eccome» spiega, tra ironia e rassegnazione, Lisa Ferrarini, presidente di Assica (l’Associazione dei produttori di carni e salumi).
A due mesi dall’embargo totale che Mosca ha imposto per un annosu carne di manzo, carne suina e avicola, frutta e verdura, latte e formaggi dai Paesi dell’Ue, dagli Usa, maanche da Australia, Canada e Norvegia (merce sinora importata per 7,1 miliardi di euro l’anno), l’agroalimentare italiano fa i conti con le perdite di fatturato, le merci da ricollocare e congli aiuti Ue (pochi, prima congelati poi di nuovo sbloccati).
Ma soprattutto con gli effetti a lungo termine sugli scaffali dei supermercati russi, dove crescono frutta cinese, carne e formaggi provenienti da Turchia, Nuova Zelanda e Sud America. Il danno potrebbe diventare permanente. Perché più passa il tempo, più sarà difficile scalzare i nuovi fornitori.
«Nel 2013 – ha spiegato il presidente uscente di Federalimentare, Filippo Ferrua Magliani – abbiamo esportato in Russia 562 milioni di euro di agroalimentare, +24% rispetto al 2012. Non numeri enormi. Significa che era ancora un mercato “di nicchia”, ma in forte crescita e da continuare a presidiare. I prodotti coinvolti sono il 30% del nostro comparto. Confermiamoleprevisioni che avevamo fatto ad agosto: entro fine anno avremo perso 100 milioni di fatturato da mancate vendite».
«Siamo partiti, 5 anni fa – ha detto Nicola Zanotelli, export manager del consorzio From (consorzio fondato da Melinda, La Trentina, VIP-Val Venosta, VOG-Marlene e VOG ProductsLenis)– a vendere in Russia 16mila tonnellate di mele. Nel periodo luglio 2013-2014 abbiamo raggiunto 25mila tonnellate pari a 17 milioni di euro. Ora è tutto fermo. Stiamo intensificando in India, Medio Oriente e Asia. I nostri principali competitors sul maggi, che prima andava in Russia. Con la conseguenza che non solo abbiamo chiuso un mercato, ma le quotazioni sono al ribasso anche sul mercato domestico ed europeo. Per il parmigiano siamo passati in pochi mesi da 10 a 9 euro al chilo».
Parmigianoreggiano, granapadano e grana del Trentino, assieme, nel 2013 hanno esportato 40mila forme pari a circa 15 milioni di euro (11mila solo quelle del consorzio emiliano). Il Consorzio grana padano ha dovuto anche rinunciare alla campagna sui treni ad alta velocità Mosca-San Pietroburgo, con distribuzione di campioni gratuiti ai passeggeri. Quello del parmigiano ha visto svanire l’opportunità di farsi conoscere in partnership con McDonald’s per un nuovo burger. Inoltre, qualche ristoratore italiano a Mosca ha già trovato grana e parmigiano venduti a Minsk e riconfezionati in Bielorussia comeprodotti “made in Belarus” per aggirare le sanzioni. «Non ci risulta – afferma Alai – e chi lo fa certo non viene a dirlo al consorzio».
Il grana padano, invece, sta cercando strade alternative: «Il nostro prodotto – ha spiegato Stefano Berni, direttore generale del Consorzio grana padano – è completamente privo di lattosio. Esiccome i prodotti per allergici e categorie a rischio non subiscono l’embargo, stiamo provando ad acquisire undiverso codice doganale, quello specifico per i prodotti senza lattosio. Maèdura. Si vende grana padano made in Bielorussia? Siamo stati contattati da produttori di Serbia e Bielorussia perfareuna semilavorazione finale ed etichettare il prodotto come “locale”. Ma sono prodotti Dop, impianti e materie prime non sono facilmente esportabili. Non so – ha concluso Berni – se i singoli si assumonoquesto rischio. Lescorciatoie, alla lunga, non pagano».
«Solo nei salumi – ha aggiunto Lisa Ferrarini – nel primo semestre siamo cresciuti in Russia del +46,2% in quantità e del +61,9% in valore. Oggi è tutto fermo». Assica stima le perdite in 55 milioni di euro: 19 milioni per la salumeria e 36 milioni per le carni fresche suinicole, grassi e frattaglie.
Dopo aver congelato la prima tranche di misure per sospette irregolarità nelle dichiarazioni dalla Polonia, si è chiuso il braccio di ferro su dove attingere per gli aiuti, se dal bilancio agricolo 2015 o dalle riserve di crisi finanziate dagli agricoltori. Il commissario Ue all’Agricoltura, Dacian Ciolos, ha chiarito martedì scorso che per ora a disposizione c’è solo il bilancio agricolo. Sulla Gazzetta Ue (L 284 del 30 settembre) è stato pubblicato il regolamento che assegna un plafond di 125 milioni ai 12 Paesi più danneggiati per l’ortofrutta. I Paesi designati possono presentare domande sino al 31 dicembre o al raggiungimento dei volumi stabiliti (400mila tonnellate di cui poco più di 80mila, meno di un quarto assegnate all’Italia). Infine, la Commissione ha chiuso anche l’iter per l’ammasso privato dei formaggi per un massimo di 155mila tonnellate. Stanziati 15 milioni di euro. L’Italia ha presentato l’84% delle domande. «Fanno circa 10 centesimi al chilo – ha concluso Alai –. Del tutto insufficienti».
Il Sole 24 Ore – 15 ottobre 2014