L’allarme delle autorità Usa dopo la diffusione della notizia di un altro possibile caso. Lisbona ferma un aereo dall’Africa, a Parigi circondato un edificio. In arrivo un malato in Germania. Sono peggiorate le condizioni di salute di Teresa Romero, l’infermiera spagnola risultata positiva al virus Ebola.
«La sua situazione clinica è in deterioramento, ma non posso fornire informazioni ulteriori per espressa volontà della paziente», così Yolanda Fuentes, dirigente dell’ospedale madrileno Carlos II dove lavorava la donna, ha reso noto l’aggravarsi della malattia. Parole confermate dal fratello dell’infermiera 44enne che aveva assistito due missionari deceduti a causa del virus: ieri, in diretta radio, l’uomo ha dichiarato: «Teresa è peggiorata ed è stata intubata».
In Spagna le persone in isolamento sono cinque, di queste Teresa Romero è l’unica ad aver contratto Ebola. Restano in quarantena suo marito, due dottori che hanno avuto in cura la donna e un paramedico ricoverato in via precauzionale. Altre due persone sono invece state dimesse mercoledì sera. E tornano a far discutere le misure di protezione adottate dai centri di cura spagnoli dopo che ieri un medico del pronto soccorso dell’ospedale di Alcorcòn (dove è ricoverata la Romero) ha parlato di «gravi carenze nel protocollo di sicurezza» e «nei mezzi per far fronte all’emergenza».
Ma la preoccupazione cresce soprattutto oltre oceano, specie dopo che un vice-sceriffo della contea di Dallas (in Texas) ha manifestato sintomi simili a quelli dell’Ebola. Michael Monning – questo il nome dell’uomo – aveva visitato l’appartamento di Thomas Duncan, il liberiano morto mercoledì scorso negli Usa dopo aver contratto il virus a Monrovia. Monning è stato inizialmente ricoverato nella clinica di Frisco per «problemi di stomaco»: è stato però trasportato quasi subito all’ospedale Texas Presbyterian di Dallas dove i medici hanno parlato di una «possibile esposizione a Ebola». L’uomo non era stato inserito nella lista dei soggetti monitorati (48 in tutto) a seguito del caso Duncan. «Non è mai entrato in contatto diretto con il liberiano», si sono giustificate le autorità statunitensi ammettendo che «potrebbe esser entrato in relazione con i famigliari». Fonti mediche fanno sapere che il rischio infezione per lui «è minimo».
«Qualsiasi cosa faremo non potremmo azzerare il pericolo in questo Paese», ha dichiarato ieri Tom Frieden, direttore del Centers for Disease Control and Prevention (l’istituto americano per la salute), che è arrivato a paragonare l’Ebola all’Aids: «Da trent’anni lavoro nel settore della sanità pubblica, l’unica cosa paragonabile è stato l’Aids»
In Australia un’infermiera di 57 anni tornata dalla Sierra Leone è sotto osservazione con sintomi simili a quelli dell’Ebola. Casi sospetti anche in Francia: un edificio dell’assistenza sociale a CergyPontoise, nei pressi di Parigi, è stato isolato dalle autorità sanitarie.
A Lisbona, invece, le autorità portoghesi hanno negato l’atterraggio a un piccolo aereo perché a bordo era presente una dottoressa norvegese contagiata. Apprensione anche a Lipsia (in Germania) dove un dipendente sudanese dell’Onu è atterrato ieri mattina a bordo di un volo speciale proveniente dalla Liberia. L’uomo, che ha contratto il virus in Africa, è arrivato in Europa per sottoporsi ai trattamenti medici: «È stato ricoverato in un centro che dispone di cure specializzate», ha specificato il Ministero della Sanità della Sassonia. Con questo ulteriore caso salgono a tre i pazienti ricoverati in Germania.
Quaranta miliardi di perdite. Il massacro economico di Ebola.Se l’epidemia supererà i confini di Guinea, Liberia e Sierra Leone l’effetto sarà dirompente
A rischio pure i Paesi avanzati dove le grandi compagnie aeree hanno già subito crolli del 5%
Ebola rischia di essere un disastro economico, oltre che un massacro per le popolazioni africane. Vale per i settori economici più sensibili ai viaggi ed al turismo, come dimostra il tracollo in Borsa delle compagnie aree, delle catene alberghiere e, per limitarci all’Italia, di titoli come Autogrill o la cugina Wdf, cioè i negozi negli scali aerei controllati dal gruppo Benetton.
Ma l’impatto rischia di essere assai più devastante nelle aree più colpite dall’epidemia, con gravi ricadute per l’economia (…) (…) globale. E, non meno importante, per la fiducia dei mercati, già sotto stress per più motivi.
L’allarme l’ha lanciato ieri la Banca Mondiale che ha presentato a Washington ai banchieri e ai politici radunati per le riunioni del Fondo Monetario le prime proiezioni sulla tragedia dell’Africa Occidentale. Uno shock, ha ammonito a Washington David Evans, economista del Fondo Monetario, che potrebbe arrivare a 40 miliardi di dollari ed oltre.
I conti sono drammatici. Se l’epidemia, che finora ha provocato 3.400 morti, non supererà i confini di Guinea, Liberia e Sierra Leone, i Paesi più colpiti, la bolletta per le economie dell’area ammonterà a 3,4 miliardi di dollari di qui a 15 mesi. Un salasso pesante, pari più o meno al 20 per cento del prodotto interno lordo questi Paesi, tra i più poveri del pianeta, ma tutto sommato contenuto in dimensioni accettabili per la comunità internazionale.
Il discorso, però, rischia di essere assai più pesante nel caso l’epidemia penetri nei Paesi vicini, ben più sviluppati: il Ghana, già protagonista di un piccolo miracolo economico, il Senegal e, soprattutto, la Nigeria, nazione leader del Continente nero vuoi per la popolazione che per lo sviluppo, caotico ma vivace, della sua economia. Se Ebola s’allargherà in quei Paesi, suona l’allarme della Banca Mondiale, si potrebbe scatenare una tempesta devastante, sia in termini di vite umane che di crescita economica: 4,7 miliardi in fumo nei prossimi tre mesi, più altri 25,2 miliardi di dollari (l’equivalente del 3,3% della ricchezza prodotta in un anno nell’area coinvolta) nel 2015 quando, si spera, il flagello sarà debellato.
Le cifre, pur eloquenti, rischiano di non dare la giusta misura del fenomeno. Basta dire che la Banca Mondiale basa le sue ipotesi su un rischio massimo di 200.000 vittime contro le 700.000 dello Us Center Disease Medical Control. Ma anche senza voler partecipare alla corsa alla catastrofe, il possibile impatto sull’economia di zone strategiche per il petrolio od altre materie prime (compreso il cacao) rischia di avere conseguenze gravi. Secondo gli analisti di Washington il tasso di sviluppo di questa parte d’Africa scenderà dal 6,7 al 4,1 per cento con una perdita complessiva nei prossimi 15 mesi di oltre 40 miliardi di dollari, tanti quanti se ne perderanno se Ebola investirà l’intera Africa occidentale. «Un intervento tempestivo e robusto della comunità internazionale – si legge alla fine del rapporto di 71 pagine – non solo potrebbe evitare un massacro in termini di vite umane, ma anche ridurre i costi per arginare le conseguenze dell’epidemia», problema mica da poco in terre che mancano di tutto, ma proprio di tutto: in Liberia solo il 10% delle abitazioni urbane possiede l’energia elettrica, percentuale che scende al 2% se si considera l’intero territorio. «Ma le cose in realtà vanno ancora peggio – ha detto Evans- la compagnia elettrica è in bolletta, per cui l’energia arriva negli ospedali solo poche ore al giorno».
Tra i danni collaterali, naturalmente, c’è la paura he può diffondersi anche nei Paesi più avanzati. Non è il caso di evocare precedenti terribili, tipo l’epidemia di spagnola dopo al prima Guerra Mondiale che provocò decine di milioni di morti e che, conseguenza minore, dimezzò gli indici di Borsa a Wall Street. Ma l’opinione pubblica, investitori compresi, oggi ha ben altra sensibilità. Sono bastati i casi isolati di Madrid e Dallas, per scatenare una pioggia di vendite su mercati già stressati dalla crisi infinita. Anche ieri, ad esempio, World Duty Free, uno dei maggiori “supermarket” degi aeroporti, ha accusato una perdita del 4,5 per cento. Non è andata meglio alle compagnie aeree, da RyanAir Easy jet, alla stessa Lufthansa e, in particolare, a British Airways che controlla Iberia. Tutte hanno accusato in questi giorni perdite pesanti, attorno al 5% in un settore già depresso dopo l’attentato dal terrorismo (l’abbattimento dell’aereo della Malaysian Airlines nei cieli dell’Ucraina). Una brutta notizia, certo, ma che impallidisce di fonte al rischio che si riaffaccino i fantasmi del passato: negli anni Venti, ai tempi della spagnola, l’indide Dow Jones scese da 120 a 75 punti. Altra epoca, certo. Ma anche un invito a non sottovalutare i pericoli.
Libero – 10 ottobre 2014