C’è molta diffidenza tra i sindacati che, a ieri sera, non avevano ancora ricevuto la convocazione ufficiale a Palazzo Chigi per l’incontro di domani con il presidente del Consiglio nella «sala verde». La domanda più comune che nessuno accetta di porre ufficialmente è: «Perché proprio ora?».
Il timore è che si tratti solo di un accenno di dialogo, fatto, magari in diretta streaming , in concomitanza con il passaggio stretto dell’articolo 18 in Senato. E qualcuno paventa (e respinge) l’ipotesi di uno scambio tra la sua abolizione e il tema della contrattazione: lasciare l’articolo 18 sui licenziamenti disciplinari ma abolire il contratto nazionale.
«Finalmente ci incontriamo — esordisce per la Cisl, il segretario confederale Luigi Sbarra — qual è la proposta del governo? Che farà per rilanciare l’occupazione? Noi le nostre idee le abbiamo». La Cisl si dice pronta a aprire sul tema della contrattazione aziendale: «Ci crediamo: in un solo anno ne abbiamo sottoscritti 3 mila». Ma anche sulla rappresentanza c’è la disponibilità a recepire gli accordi interconfederali in una legge. A un patto: «Niente lezioni sul cambiamento perché in Cisl il rinnovamento è in atto da mesi» ricorda Sbarra. Ed è giunto all’avvicendamento del segretario, che verrà ufficializzato mercoledì. E guai a chi taccia i sindacati di essere poco rappresentativi: in Cisl rispondono che loro hanno 4 milioni e mezzo di iscritti, la metà dei quali lavoratori attivi, mentre il Pd ne ha centomila. «Poi è vero — ammette Sbarra — la crisi ci ha un po’ logorati…».
In Cgil si affilano le armi: «Andiamo a sentire cosa ha da dirci il presidente, purché non sia l’occasione di fare propaganda». Il sindacato di corso Italia ha grosse critiche sull’operato svolto fin qui perché «la politica di Renzi è quella di Confindustria e di Sacconi (l’ex ministro del Lavoro di Forza Italia, ora senatore Ncd, ndr )». «L’articolo 18 non è il problema, bisogna creare lavoro» si sottolinea. Nessuna apertura sul contratto di secondo livello mentre sulla legge sulla rappresentanza, «è sufficiente applicare l’articolo 39 della Costituzione».
La Uil si presenta all’appuntamento «senza mettere le mani avanti»: Luigi Angeletti aveva chiesto la convocazione al premier con una lettera qualche giorno fa. «Mi auguro che non sia una sfida — dice il segretario di Uiltec, Paolo Pirani — la gravità della situazione richiede politiche mirate, non libertà di licenziare. Siamo disponibili al dialogo ma niente interventi a gamba tesa». Il premier ha già fatto sapere che proporrà ai sindacati che il Tfr (Trattamento di fine rapporto) vada direttamente in busta paga ogni mese: «Rischiamo di fare solo un regalo alle banche — osserva Pirani — che attingerebbero soldi a poco prezzo dalla Bce per poi prestarli. Senza dire che il Tfr verrebbe tassato in busta paga e che i fondi pensioni ne risentirebbero. Ancora una volta a vantaggio delle banche».
Antonella Baccaro – Il Corriere della Sera – 6 ottobre 2014