Per ora, i progetti sul tavolo sono solo d’intento. Ma gli «stati generali» della medicina padovana, aperti formalmente ieri, continueranno nelle prossime settimane, seguendo un calendario a tappe per coinvolgere i principali attori, ed approdare allo sviluppo di un modello condiviso.
Il primo incontro unitario di docenti universitari e medici ospedalieri si è svolto ieri pomeriggio nell’aula Morgagni del Policlinico di via Giustiniani, gremita da un centinaio di persone (tra cui studenti e specializzandi): oltre al «padrone di casa» Santo Davide Ferrara, presidente della Scuola di Medicina e chirurgia, al tavolo dei relatori c’erano anche il rettore del Bo Giuseppe Zaccaria, il presidente dell’Ordine dei medici Maurizio Benato, i direttori generali Domenico Mantoan (area sanità e sociale della Regione), Claudio Dario (Azienda ospedaliera) e Urbano Brazzale (Ulss 16). Dopo la cancellazione del project financing di Padova Ovest da parte della Regione e la delibera di martedì, con cui il Comune ha annunciato il suo «piano» per il nuovo ospedale (rifare l’attuale polo), era inevitabile che gli interventi si concentrassero sul tema. Il nuovo progetto, tra l’altro, prevede l’accorpamento dei tre nuclei attuali (Azienda ospedaliera, Sant’Antonio e Iov) in un unico complesso, con un preventivo di 779 milioni ed una tempistica di 15 anni. Il rettore Zaccaria ha ribadito subito le sue convinzioni, in netta opposizione al sindaco Bitonci: «Mi chiedo se chi ha concepito un ospedale unico abbia mai letto i documenti relativi alla programmazione regionale – ha detto il magnifico del Bo -. Sullo Iov, siamo pronti a discutere l’espansione a Castelfranco, a patto che il cuore della struttura resti in città, e che venga potenziato dal punto di vista tecnologico per incrementarne l’apicalità: altro che ospedale e ospedaletti di provincia, Padova è al centro di una serrata competizione internazionale. Sul nuovo ospedale, il tempo è scaduto e occorre fare presto: se nelle prossime settimane non ci saranno decisioni chiare, qualcuno dovrà assumersi la responsabilità storica di aver privato Padova e il Veneto di una struttura necessaria e vitale». Gli ha fatto eco il presidente della Scuola di Medicina Ferrara, che ha rimarcato la necessità di un intervento rapido: «Ribadisco l’importanza del nuovo ospedale, la nuova struttura dev’essere rapidamente creata a prescindere dalla decisione politica sul sito. Scuola e Università attendono di essere ascoltati sulla progettazione dei contenuti, perché finora non hanno avuto voce in capitolo». Più concilianti le parole di Dario (che ha paragonato la sanità padovana ad un cubo di Rubik, auspicando l’adozione di un piano strategico per lavorare in sinergia con tutte le sue componenti) e Brazzale (che ha citato gli obiettivi raggiunti dall’Uls 16, e l’imminente ristrutturazione della Casa ai Colli): entrambi hanno evitato accuratamente di affrontare il tema ospedale. Benato ha ricordato che «i medici sono stati lasciati a lungo in disparte» dalla politica, concentrata sull’aspetto edilizio: «I nostri contenuti non possono divergere dal contenitore, se no l’opera si delegittima». Mantoan, dribblando l’attualità, ha garantito che il piano sociosanitario regionale assegna a Padova il ruolo di ospedale «super-hub» e ha illustrato i dati del 2013 per volume di ricoveri nel dipartimento oncologico, per dimostrare la validità del sistema vigente: l’Azienda ospedaliera è al primo posto in Italia per tumori al fegato (362) e all’esofago (45), al secondo per quelli alla tiroide (596). Ora il «tavolo» si riunirà ancora nelle prossime settimane, fino a fine anno, quando verranno prodotte delle linee guida sul nuovo modello di sanità padovana. Da lì, forse, si potrà iniziare a costruire qualcosa per il futuro, oltre lo scontro politico.
Alessandro Macciò – Il Corriere del Veneto – 26 settembre 2014