Cosa fa di solito un orso? Cammina. Tanto. Circa trentacinque chilometri al giorno. Lo fa a zigzag e quasi sempre in senso orario. Tra boschi, rocce e cascate d’acqua. Paesini, campeggi e parcheggi. Non conosce confini. Incrocia gli esseri umani. Irrompe nelle case, quando annusa il cibo e i proprietari hanno lasciato porte e finestre aperte.
Finisce spesso in mezzo alle strade, dove rischia di essere travolto. Ma poi torna allo stesso punto da cui è partita la sua lunga marcia. Al massimo qualche metro più in là.
Al Parco nazionale di Yosemite, in California, ne hanno seguito uno — della specie orso nero americano — per due giorni. Gli hanno agganciato un collare Gps, poi l’hanno lasciato andare in massima libertà. Per studiare i suoi movimenti, certo. Ma soprattutto per capire come ridurre gli incontri ravvicinati — e indesiderati — con abitanti e visitatori. Nella prima metà di quest’anno gli «incidenti» sono aumentati del 44% rispetto allo stesso periodo del 2013. «Anche se dal 1998 sono calati del 90%», calcolano i responsabili del parco frequentato ogni anno da quattro milioni di persone.
L’orso monitorato ad agosto ha percorso circa settanta chilometri in due giorni. Ha «visitato» l’Housekeeping Camp, una zona dove campeggiano i turisti. Poi ha attraversato una strada ed è arrivato in un altro centro abitato. Località dove il cibo non si caccia. Più semplicemente lo si sottrae agli esseri umani. Tra gli incidenti di quest’anno, per esempio, ce ne sono stati molti in cui i plantigradi hanno fatto irruzione nelle case o hanno sfondato i vetri delle auto con all’interno del cibo. «Si tratta di animali che hanno un olfatto sette volte più potente dei segugi», ricordano i vertici del parco.
Il piano di monitoraggio, che costerà 70 mila dollari, punta a seguire nel primo anno venti orsi (su una popolazione di 300-500 esemplari) e ha tre obiettivi: capire cosa fanno gli animali tutto il giorno e come si muovono, ridurre gli eventi spiacevoli ed evitare che gli orsi diventino dipendenti dal cibo degli uomini. «Cerchiamo di avere degli animali in salute e di ridurre al minimo qualsiasi tipo di influenza umana», spiega Don Neubacher, sovrintendente dell’area protetta. Mike Tollefson, presidente del Yosemite Conservancy, rivela però che i collarini funzioneranno anche come braccialetti elettronici. «Con il Gps i ranger sapranno in tempo reale dove sono i nostri orsi e quanto spesso arrivano a valle». Soprattutto: «Quali di questi causano problemi alla popolazione».
Leonard Berberi – Il Corriere della Sera – 26 settembre 2014