Sale di 58 miliardi e 880 milioni il livello del Pil italiano del 2013, per effetto della revisione dei conti economici nazionali secondo il sistema Sec 2010 comunicata ieri dall’Istat. Alla rivalutazione del 3,8% apportata al prodotto interno lordo dello scorso anno, che risulta ora pari a 1.618 miliardi e 904 milioni, fa riscontro una revisione molto contenuta dei tassi di variazione del Pil in anni recenti e pari a zero per l’anno passato.
Il 2013, insomma, era e rimane, anche nel ridisegno fornito ieri dall’Istituto di statistica, un anno di profonda recessione,proprio come era stato stimato nello scorso mese di marzo: c’è stata infatti flessione dell’attività produttiva pari all’1,9 per cento, una caduta dei consumi finali del 2,3 per cento e una riduzione del 5,4% per gli investimenti lordi, mentre l’export è aumentato dello 0,6 per cento e le importazioni sono diminuite del 2,7 per cento. In sostanza, non è cambiato il profilo dell’anno che abbiamo alle spalle. E i dati del 2013, come si sa, saranno l’oggetto di una nuova notifica a Eurostat il 30 settembre e saranno anche la base dei nuovi scenari della politica di bilancio che il Mef deve confezionare entro il 15 ottobre, per inviarli a Bruxelles.
Il miglioramento, invece, lo possiamo rintracciare in primo luogo nell’indebitamento netto. Nei nuovi conti presentati ieri l’indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche in rapporto al Pil è risultato pari al 2,8%(a marzo scorso era il 3% del Pil) facendo quindi registrare una riduzione dello 0,2 per cento rispetto alla prima notifica ad Eurostat. In valore assoluto l’indebitamento netto 2013 è ora pari a 45 miliardi 358 milioni di euro, in calo di 3 miliardi 260 milioni rispetto a quello dell’anno precedente (e inferiore di 2 miliardi al valore della notifica di marzo scorso). Va precisato, tuttavia, che rispetto alle cifre comunicate nel mese di marzo si è ridotto di uno 0,2 per cento anche il saldo primario dei conti pubblici: al netto degli interessi l’avanzo primario del 2013 risulta ora pari al 2 per cento (era al 2,2% del Pil) e appare più basso anche l’avanzo conseguito nel 2012 (era il 2,5% del Pil mentre con la revisione pubblicata ieri il dato del 2012 è al 2,2%).
Un aspetto decisamente positivo nella “narrazione” dell’economia italiana, così come risulta per le modifiche consentite dal nuovo sistema di contabilità europea, riguarda inoltre la pressione fiscale, che appare ora più bassa. Nel ridisegno Istat dell’ultimo triennio essa scende rispettivamente di 0,9, 0,8 e 0,5 punti percentuali rispetto a quella stimata in precedenza e risulta ora attestata al 43,3 per cento del Pil(contro il precedente 43,8 per cento).Ultimo, ma non certo il minore, è il miglioramento ottenuto sul versante del debito pubblico, lo storico tallone d’Achille della finanza pubblica italiana: il nuovo rapporto del 2013, calcolato con il Sec 2010 dalla Banca d’Italia, ci dice che uno stock del debito pubblico pari, nel 2013, a 2.070 miliardi e 165 milioni, ammonta ora, per effetto della rivalutazione del livello del Pil, al 127,9 per cento del prodotto interno lordo e non più al 132,6 per cento: si tratta di ben 4,7 punti di Pil in meno. La revisione al ribasso dei dati sul disavanzo e sul debito, notano gli economisti, avrà certamente un effetto di trascinamento positivo anche per l’anno in corso, consentendo al governo di contare su margini meno angusti rispetto ai parametri di Maastricht.
Il Sole 24 Ore – 23 settembre 2014