“L’obiettivo dei 35 miliardi in tre anni resta valido ma non tutti i ministeri risparmieranno il 3 per cento”. La stagione dei commissari alla spending review è finita. Non ci sarà un altro Mr. Forbici dopo Carlo Cottarelli. Il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ha deciso di cambiare schema di gioco.
«Il fatto che il Commissario termini il suo lavoro non vuol dire che il lavoro finisce. Anzi è importante che sia continuato». Mr. Forbici, Carlo Cottarelli, parlando al meeting della Confesercenti a Perugia, annuncia ufficialmente la sua uscita di scena. Anche se — ha confermato — rimarrà al lavoro fino al varo della legge di Stabilità. Cottarelli ha ricordato che «tagli alla spesa pubblica già ne sono stati fatti negli scorsi anni», che «dobbiamo continuare su questa strada» aggiungendo di essere «fiducioso nel successo» della politica impostata. Il Commissario ha fornito una serie di cifre: «Dal 2009 al 2012 per lo Stato la spesa per interessi si è ridotta del 10 per cento in termini nominali. La spesa dei Comuni è stata ridotta dell’8%, le Provincie hanno tagliato il 14%, le Regioni al netto della sanità hanno tagliato il 16%, mentre la spesa sanitaria è rimasta costante». L’obiettivo triennale di risparmio di 30-35 miliardi, ha spiegato il funzionario Fmi, serve per garantire la riduzione della tassazione, «in particolare sul lavoro».
A inizio 2014, ha ricordato il Commissario, la tassazione sul lavoro era del 2% di Pil più alta rispetto all’area euro. «Qualcosa è stato fatto con i 10 miliardi per il bonus Irpef», ha detto. Infine le società partecipate dai Comuni: dal taglio di queste società, portandole in tre anni da 8.000 a mille, potrebbero arrivare risparmi per «2-3 miliardi in 3-4 anni». (Repubblica)
Non ci sarà più Mister Spending review se ne occuperà direttamente Palazzo Chigi
La stagione dei commissari alla spending review è finita. Non ci sarà un altro Mr. Forbici dopo Carlo Cottarelli. Il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ha deciso di cambiare schema di gioco.
DELUSO , a quanto pare, dalle proposte arrivate sul suo tavolo ed elaborate dal pool di esperti coordinati dall’economista del Fondo monetario internazionale (Fmi); convinto che i tagli alla spesa pubblica vadano fatti dall’interno della pubblica amministrazione su indicazione della politica e non suggeriti dall’esterno. E poi Renzi non pensa che l’uscita di scena di Cottarelli possa avere effetti sul livello di credibilità del governo di Roma tra gli investitori internazionali e tra i partner dell’Unione europea. Semplicemente perché la strada della revisione della spesa pubblica non può più essere abbandonata, Cottarelli o non Cottarelli.
D’altra parte a ben poco sono servite sul piano concreto le indagini, pur pregevoli, realizzate negli anni dai tre tecnici incaricati di studiare la revisione degli 800 miliardi di spesa pubblica, Piero Giarda, il tecnico che forse meglio di tutti conosce il bilancio dello Stato, Enrico Bondi, il risanatore “solitario” di Montedison e Parmalat, e da ultimo Cottarelli.
Il centro di controllo si sposta ora a Palazzo Chigi. Senza alcun incarico formale, il compito di coordinamento (in parte è già così) sarà affidato al consigliere economico di Renzi, Yoram Gutgeld (55 anni), deputato pd, già consulente della McKinsey, israeliano di nascita, italiano «per scelta e per amore», come ha dichiarato. In questi giorni è girata anche la voce su una possibile nomina di Gutgeld a sottosegretario all’Economia al posto di Giovanni Legnini destinato alla vicepresidenza del Consiglio superiore della magistratura. Ma l’ipotesi non pare destinata a camminare molto. Perché Renzi vuole rafforzare Palazzo Chigi e non ha bisogno di estendere il controllo su Via XX settembre dove Gutgeld ha costruito negli ultimi tempi una collaborazione positiva sia con il ministro Pier Carlo Padoan sia con il Ragioniere generale dello Stato, Daniele Franco.
Si cambia modulo, dunque. E si è già visto in settimana, quando Renzi ha chiesto direttamente ai ministri di presentargli entro questo fine settimana o al massimo entro i primi giorni della prossima, le rispettive proposte di risparmi. La tesi di Renzi è che se nell’arco di 4-5 anni l’esercito israeliano, cioè il più efficiente del mondo, sulla base di un piano messo a punto proprio da Gutgeld in versione McKinsey, è riuscito a ridurre le spese del 10 per cento, possono farcela pure i polverosi ministeri italiani a tagliare del 3 per cento delle proprie uscite. Ma non recependo piani calati dai tecnici esterni, bensì elaborandoli al proprio interno, con i propri direttori generali, con le proprie strutture. E con uno spauracchio, però, che martedì durante la riunione del Consiglio dei ministri Renzi ha indicato in maniera quasi brutale: «Se non li fate voi i tagli, ci pensa Palazzo Chigi». Mantenendo l’obiettivo, per il 2015, di una riduzione complessiva della spesa di circa 20 miliardi di euro.
L’estromissione dei tecnici significa, per Renzi, l’affermazione del primato della politica. E indirettamente l’abbandono della strategia dei tagli lineari, che introdusse Giulio Tremonti da responsabile dell’Economia, per ottenere i risultati nonostante le resistenze dei singoli ministri. In quel modo la politica non sceglieva e i tecnici operavano con il bisturi: tagli alle spesa per la difesa come agli investimenti per la scuola. Ma perché funzioni la selettività dei tagli serve la partecipazione di tutti. E questa finora rimane una grande incognita.
Repubblica – 13 settembre 2014