Più che il bisturi, per usare non proprio un termine sanitario, bisognerebbe utilizzare le cesoie. I tre miliardi di euro di risparmi aggiuntivi chiesti da Matteo Renzi al ministro della Sanità, Beatrice Lorenzin, non saranno semplici da realizzare. Palazzo Chigi ieri ha fatto sapere che il governo non ha nessuna intenzione di violare il Patto per la Salute appena firmato dal ministero con le Regioni, ma di voler solo colpire gli sprechi che ancora si nascondono nel mare magnum della spesa sanitaria. Insomma, la «spending sanitaria» si concentrerà soprattutto sugli acquisti di beni e servizi.
DOVE CALA LA SCURE
Un piatto che nella salute, secondo i dati della Corte dei Conti, vale 35 miliardi di euro, più di un terzo dell’intero Fondo sanitario. Il punto è che la caccia agli sprechi negli acquisti è gia, in qualche modo, compresa nel Patto per la Salute. Il sistema è stato riorganizzato, obbligando le Asl e gli ospedali a rivolgersi in prima battuta alle centrali d’acquisto regionali e, in seconda battuta, alla Consip, la centrale d’acquisto controllata dal ministero dell’Economia. Così come sono ricomprese altre razionalizzazioni, dalla digitalizzazione al riassetto della rete ospedaliera. Molto ancora si potrà fare sui servizi la cui spesa potrebbe essere centralizzata, come quelli di lavanderia o la fornitua dei pasti. Tuttavia gia durante l’estate il ministro Lorenzin aveva stimato in 10 miliardi in un triennio il rispar- mio possibile grazie al Patto. Sull’acquisto di beni e servizi l’obiettivo minimo di risparmio, se si vogliono raggiungere tre miliardi di euro, è una riduzione almeno del 10 per cento. Uno dei modi per ridurre i costi degli acquisti sanitari, dei quali si discute da tempo, è quello dell’introduzione dei costi standard, il meccanismo che dovrebbe evitare che una siringa comprata in Lombardia costi dieci volte meno di una comprata in una Regione meridionale. Secondo le stime solo applicando questo sistema si riuscirebbero ad ottenere tra i tre e i quattro miliardi di euro di risparmi, esattamente l’obiettivo assegnato da Renzi al ministero della Salute. E proprio l’accelerazione dei costi standard sarebbe il piano al quale guarda con maggiore attenzione Palazzo Ghigi per raggiungere l’obiettivo. Così come ci sono anche parti del piano predisposto dal commissario straordinario alla spending review, Carlo Cottarelli, che Renzi ha esaminato con molto interesse.
L’IPOTESI COTTARELLI
Nelle bozze di programma presentate dall’ex direttore esecutivo del Fondo Monetario internazionale, era previsto che i risparmi per la sanita fossero «mantenuti a livello regionale col fine di ridurre la tassazione regionale». Più che un taglio di risorse una sorta di scambio: tagli di spesa improduttiva in cambio di riduzione di tasse. La spesa sanitaria, del resto, è finanziata dall’Irap, l’imposta regionale sulle attività produttive, una delle maggiori voci che incidono sul cuneo fiscale. I soldi risparmiati dalla sanita potrebbero essere restituiti proprio attraverso una nuova sforbiciata dell’Irap dopo quella da 2,5 miliardi introdotta ad aprile attraverso l’aumento della tassazione sulle rendite finanziarie. Il problema da affrontare in vista della legge di stabilita rimane tuttavia sempre lo stesso, riuscire a garantire che i risparmi effettivamente si rea- lizzino. I costi standard così come la lotta agli sprechi, hanno tempi medio lunghi per produrre i propri effetti, mentre se si vogliono ridurre le tasse la necessita di reperire le risorse è immediata. Il tema, insomma, delle coperture finanziarie. Per accelerare i tempi una delle ipotesi allo studio sarebbe quella di aumentare gli obiettivi di risparmio sugli acquisti di beni e servizi da parte delle Regioni gia previsti nel decreto che ha introdotto il bonus da 80 euro. Il punto dolente è cosa accade se le Regioni non riescono ad effettuare poi i tagli assegnati. La soluzione fino ad oggi trovata è più o meno sempre la stessa, una riduzione lineare dei trasferimenti a carico del bilancio dello Stato.
Il Messaggero – 12 settembre 2014