di Alberto Brambilla. Nell’aumento dell’abnorme debito pubblico e nella continua crescita della spesa pubblica a livello centrale, un posto primario spetta alla spesa per il welfare pensionistico-assistenziale. Tanto più che la fotografia scattata dal Comitato tecnico scientifico di Itinerari previdenziali nel Rapporto 2014 sul «Bilancio del sistema previdenziale italiano», recentemente presentato al Governo, mette in evidenza anche un altro punto dolente del nostro Paese: la grande, capillare e diffusa evasione contributiva e fiscale che aggrava i bilanci pubblici.
Gli squilibri della previdenza
Iniziamo con il quadro contabile. Nel 2012 (l’ultimo anno disponibile) la spesa pensionistica complessiva (al netto della quota Gias, la Gestione degli interventi assistenziali pari a 31,766 miliardi di euro) ha raggiunto l’importo di 211 miliardi e 103 milioni, con un incremento del 3,3%, sull’anno precedente e del 6,2% sul 2010.
L’ammontare delle entrate contributive dalla produzione e dai trasferimenti Gias e Gpt (Gestione prestazioni temporanee) per coperture figurative, sgravi e agevolazioni contributive (al netto dell’apporto dello Stato alle Gestioni dei dipendenti pubblici, fissato per il 2012 in 10,5 miliardi) ha raggiunto l’importo di 190 miliardi e 404 milioni, in lieve crescita (+1,3%) rispetto al 2011, e con un incremento del 2,5% sul 2010. A differenza della spesa, la crescita delle entrate contributive, nonostante l’apporto delle gestioni assistenziali, è stata inferiore all’inflazione di periodo.
Il saldo tra entrate e uscite è negativo e il disavanzo complessivo di gestione ha raggiunto nel 2011 quota 16 miliardi e 328 milioni (con un incremento del 25,8% rispetto al disavanzo di 12,968 miliardi del 2010) e nel 2012 un disavanzo di 20 miliardi e 700 milioni (+26,8% circa rispetto al 2011).
Occorre qui evidenziare che in assenza dei rilevanti attivi dei saldi della Gestione lavoratori parasubordinati (+6,466 miliardi nel 2011 e +7,083 miliardi nel 2012) e delle Gestioni delle casse dei liberi professionisti (+3,096 miliardi nel 2011 e +3,182 miliardi nel 2012) il disavanzo complessivo di sistema tra entrate e uscite sarebbe notevolmente peggiorato passando, per il 2011, da 16,33 a 25,89 miliardi e, per il 2012, da 20,7 a 30,97 miliardi.
Chi crea il deficit
Tra le principali gestioni che concorrono maggiormente alla formazione del deficit, al primo posto è la gestione dei dipendenti pubblici (ex Inpdap) che, al netto delle entrate corrispondenti alla contribuzione aggiuntiva a carico dello Stato (10,5 miliardi), ha evidenziato nel 2012, un disavanzo pari a 23,76 miliardi (19,858 nel 2011). Segue quella delle Ferrovie dello Stato che presenta per il 2012 un disavanzo di 4,17 miliardi evidenziando l’effetto dirompente dei prepensionamenti (53.600 attivi e 232.000 pensionati): è come se ogni italiano, bambini compresi, oltre al costo del biglietto dovesse pagare un canone fisso di 70 euro. Infine la gestione dei lavoratori autonomi dell’agricoltura in totale costa circa 6 miliardi l’anno.
E come si paga il conto
Uno sguardo alla spesa a carico della fiscalità generale. Nel 2012, oltre ai citati 20,7 miliardi di disavanzo gestionale, per far fronte alle prestazioni in pagamento lo Stato ha trasferito all’Inps 31,766 miliardi per la Gias, più altri 10,306 miliardi di quota Gias sulle entrate, più 19,873 miliardi per le prestazioni di invalidità civile, per le pensioni e gli assegni sociali e per le pensioni di guerra a cui si deve sommare quasi un miliardo di arretrati. In totale la spesa a carico della fiscalità generale e quindi di tutti noi (almeno di quella metà scarsa di italiani che paga le tasse) è pari a 83,6 miliardi, equivalente al 5,44% del Prodotto interno lordo.
Il peso dell’assistenza
Il dato più eclatante e che spiega i pesanti numeri di bilancio lo troviamo nel numero delle prestazioni di natura assistenziale. Considerato che nel 2012 il numero di prestazioni in pagamento è pari a 23.431.000 e che invece il numero dei pensionati è di 16.561.600 (per cui ogni pensionato percepisce 1,4 prestazioni), i soggetti assistiti totalmente dallo Stato (per invalidità civile, pensioni e assegni sociali e pensioni di guerra) sono 3.869.133. Quelli parzialmente assistiti dallo Stato — ossia quanti percepiscono le integrazioni al minimo e le varie maggiorazioni sociali e la cosiddetta quattordicesima (sono persone che giunte a 65 anni di età hanno contribuzioni insufficienti che nemmeno arrivano al minimo) — sono 4.733.031. Nel complesso quindi le pensioni assistite sono in totale 8.602.164 per il 2012 (circa il 52% dei pensionati).
I conti del sommerso
In questi ultimi numeri sta il punto principale del problema: il sommerso di massa. Infatti se incrociamo i dati Irpef forniti dall’Agenzia delle Entrate per il 2012 risulta che la metà dei 41 milioni di contribuenti dichiara il 15% dell’Irpef totale (i primi 13,5 milioni non dichiarano quasi nulla). Poiché gli abitanti sono 60 milioni, il rapporto contribuenti/abitanti è pari a 1,463, vale a dire che la metà dei dichiaranti vale circa la metà della popolazione. Ora poiché è impensabile che la metà della popolazione italiana viva senza redditi o quasi (altrimenti saremmo in pieno Terzo mondo) è più probabile che ci sia una quantità di lavoro sommerso enorme che solo una seria politica di «contrasto di interessi» che da anni viene suggerita ai vari governi (5 in 8 anni) potrebbe risolvere. Per inciso la proposta porterebbe 1.500 euro l’anno ad ogni famiglia (ben più degli 80 al mese) e oltre 16 miliardi l’anno di nuovi contributi sociali. Il premier Matteo Renzi è svelto e forse è l’unico che può imporre alla burocrazia di Stato questo salto di qualità che peraltro migliorerebbe la crescita del Pil, l’occupazione, e ridurrebbe gli inesatti numeri sulla povertà relativa.
*Coordinatore CTS Itinerari previdenzialiDocente Università Cattolica Milano
Il Corriere della Sera – 18 agosto 2014