In base allo studio*, la stima è probabilmente inferiore a quella effettiva, dato che la maggior parte degli ospedali presi in considerazione non ha adottato le recenti linee guida per l’individuazione di questi batteri. I batteri in questione sono i CRE (enterobatteri resistenti ai carbapenemi), “una delle tre più grandi minacce per la salute umana”, secondo l’OMS.
In alcuni ospedali nel Sud-est degli Stati Uniti, dal 2008 al 2012, sono quintuplicati i nuovi casi di infezione dai batteri ‘CRE’ (enterobatteri resistenti ai carbapenemi, una classe di antibiotici), microorganismi altamente contagiosi e resistenti ai farmaci. Il dato emerge da uno studio* retrospettivo pubblicato su Infection Control and Hospital Epidemiology, il giornale della Society for Healthcare Epidemiology of America.
A condurre la ricerca è Joshua Thaden, MD, che sottolinea la portata del problema e la necessità “di agire immediatamente e in maniera significativa, al fine di limitare la trasmissione di questi pericolosi agenti patogeni nei nostri ospedali e nelle strutture di cura per il paziente acuto”.
Si tratta di un particolare tipo di batteri, che rappresentano “una delle tre più grandi minacce per la salute umana”, secondo la definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). La resistenza agli antibiotici è un problema serio a livello globale sul quale l’OMS si è recentemente espressa.
In generale, i batteri CRE possono causare infezioni del tratto urinario, del polmone, del sangue e di altri organi, con un tasso di mortalità del 48% dei casi.
I ricercatori hanno individuato, nell’arco di tempo che va dal 2008 al 2012, 305 pazienti con CRE all’interno del ‘Duke Infection Control Outreach Network (DICON)’, una rete che comprende 25 ospedali comunitari nel Sud-est degli Stati Uniti.
La maggior parte dei laboratori non aveva adottato le più recenti e sensibili linee guida per rilevare il batterio, riferiscono gli autori dello studio.
Oltre la metà dei pazienti erano sintomatici (59%), quasi tutti i casi erano stati trattati in strutture sanitarie, e il batterio prevalente è risultata la Klebsiella Pneumoniae (91% dei casi).
Il più alto tasso di infezioni è risultato derivare da alcuni fattori, tra cui:
un aumentato uso di antibiotici ad ampio spettro,
la facilità con cui gli enzimi CRE possono essere trasmessi tra i batteri,
l’aumento della trasmissione tra le strutture di cura a lungo termine per pazienti acuti e gli ospedali comunitari.
Nelle conclusioni dello studio si legge che il tasso con cui è stata rilevata la presenza di infezione da batteri CRE è cresciuto di cinque volte, dal 2008 al 2012, all’interno degli ospedali comunitari degli Stati Uniti sud-orientali.
“Nonostante ciò, la nostra valutazione probabilmente sottostima il vero tasso di incidenza di CRE, data la scarsa adozione dei ‘breakpoint’ dei carbapenemi raccomandati nelle linee guida CLSI (Clinical and Laboratory Standards Institute) 2010”, riferiscono gli autori. Solo cinque ospedali di quelli presi in considerazione (20% del totale) hanno adottato queste linee guida.
“Si tratta di un campanello d’allarme per gli ospedali comunitari”, ha affermato Thaden. “Occorre fare molto di più per prepararsi e rispondere ai CRE, in particolare il controllo delle infezioni per limitare la trasmissione da persona a persona e una migliore indagine di laboratorio”.
In un editoriale di accompagnamento, inoltre, il dottor Christopher Pfeiffer sottolinea come le carenze di fondi e di personale rappresentino due sfide che questi ospedali si trovano ad affrontare per prevenire la trasmissione dei CRE. “La prevenzione e il controllo dei CRE potrebbero trarre benefici dallo sviluppo di reti collaborative regionali armate di conoscenze e risorse per aiutare le strutture singole e coordinare le varie strutture”, ha scritto Pfeiffer, riferendo che questo approccio collaborativo “ha avuto successo nel controllo di altri batteri resistenti agli antibiotici”.
Viola Rita
Joshua T. Thaden et al., Rising Rates of Carbapenem-Resistant Enterobacteriaceae in Community Hospitals: A Mixed-Methods Review of Epidemiology and Microbiology Practices in a Network of Community Hospitals in the Southeastern United States, Infection Control and Hospital Epidemiology, 2014; 35 (8): 978 DOI: 10.1086/677157, (pubblicato da “The University of Chicago Press on behalf of The Society for Healthcare Epidemiology of America”).
Quotidiano sanita – 23 luglio 2014