La relatrice Finocchiario apre a ritocchi su referendum, competenze su Ue e bilancio ma la maggioranza valuta il ricorso alla «ghigliottina»
Matteo Renzi è ancora in Africa quando da Palazzo Madamaarriva la conferma dell’ennesimo slittamento. Contrariamente alle previsioni, si comincerà solo oggi a votare in Aula sui circa 8mila emendamenti che hanno accompagnato in aula la riforma del Senato. Una guerra di trincea condotta da M5S e Sel ma anche dalla fronda interna di Pd e Fi e dalla Lega, che ha già preannunciato con il capogruppo il suo no al provvedimento. Una guerra che ha come obiettivo anzitutto il tempo. Che il nuovo Senato passi è fuori discussione; sul quando l’incertezza resta massima. «Ci potrà essere un tentativo di rallentare questo cambiamento, un ostruzionismo che ci può portare a lavorare una settimana di più e a sacrificare un po’ di ferie, manoi manterremola promessa di cambiare il Paese», chiarisce il ministro per le Riforme Maria Elena Boschi.
Ciascun fronte tiene le munizioni ancora nascoste. La maggioranza, d’intesa con Fi, vorrebbe utilizzare il cosiddetto “canguro”: accorpare una serie di emendamenti omogenei per saltare centinaia di votazioni. Una “ghigliottina” che potrebbe non essere comunque sufficiente per chiudere prima della pausa estiva: i giorni a disposizione sono troppo pochi e l’aula sarà impegnata (a partire da giovedì) sulla conversione in legge dei decreti. L’opposizione poi conta di ottenere dal presidente del Senato Pietro Grasso il via libera al voto segreto su alcuni emendamenti per provocare l’«incidente». Ad esempio, sulla riduzione del numero dei deputati o sull’immunità dei parlamentari, che coinvolgerebbe anche gli ospiti di Montecitorio. Norme che potrebbero ottenere un ampio consenso tra i senatori, anche tra coloro che stanno difendendo la riforma, e che produrrebbe un risultato politicostrategico importante: per esaurire la prima fase del procedimento di revisione costituzionale occorre che Camera e Senato approvino lo stesso testo. Non sarebbe solo una sconfitta per Renzi ma soprattutto un modo per guadagnare ulteriore tempo nella contrattazione sull’Italicum, in cima alle priorità di tutte le forze politiche.
E di tempo ieri le opposizioni ne hanno guadagnato mettendo in atto un ostruzionismo serrato, che ha visto protagonisti i grillini e Sel con la richiesta di far tornare in commissione il provvedimento. Richiesta respinta ma tanto è bastato, anche grazie a numerosi interventi fiume, per occupare l’intero pomeriggio. Contro questa tattica il governo cerca delle contromosse. Negoziando ad esempio con la Lega e sui dieci punti che il capogruppo del Carroccio al Senato, Gian Marco Centinaio, ha presentato al suo omologo del Pd Luigi Zanda attraverso la mediazione di Roberto Calderoli che è assieme ad Anna Finocchiaro è correlatore. Il Carroccio preme: «Non avendo ricevuto alcuna risposta, non possiamo votare la riforma» incalza Centinaio. Ma Calderoli sottolinea che «il tempo della trattativa non è finito» ricordando che in politica «servono risposte e non discorsi generici».
Accusa alla ministra Boschi che ha difeso il testo della riforma ricordando il lungo dibattito che ne ha preceduto l’arrivo davanti all’assemblea. La ministra ha attaccato l’ostruzionismo delle opposizioni e i giudizi apocalittici espressi, anche da parte di esponenti del suo partito, contro la «svolta autoritaria». «Si può essere d’accordo o meno su questa riforma, votare omenoquesta riforma, condividere o meno l’azione del governo, ma parlare di svolta illiberale è una bugia e le bugie – dice citando Amintore Fanfani – in politica non servono». Anna Finocchiaro si mostra disponibile al dialogo: temi come il referendum, le competenze del Senato su Ue e bilancio, la platea per l’elezione del Capo dello Stato sono oggetto di possibili modifiche. Ma anche questo potrebbe non bastare se il vero e unico obiettivo fosse la rivisitazione dell’Italicum.
Il Sole 24 Ore – 22 luglio 2014