Slow Food entra per la prima volta nelle aule di giustizia per chiedere la tutela di chi mangia la carne e la pretende sana. Lo fa in tribunale a Cuneo nella provincia in cui è nato il presidio “La Granda” per l’allevamento dei bovini e in cui, soprattutto in passato, gli estrogeni alle vacche hanno segnato una lunga stagione agricola.
E’la quarta volta che l’associazione di Carlin Petrini si costituisce parte civile in un processo penale. A Torino era stata risarcita per una vicenda legata al cattivo congelamento di pesce destinato ai supermercati. A Verona contro il vino addizionato per aumentare la gradazione alcolica. A Pordenone lottava contro gli Ogm.
Questa volta nell’inchiesta della Finanza, coordinata dal procuratore capo di Cuneo Francesca Nanni, i numeri sono da grosso business: oltre 6400 vitelli a carne bianca sequestrati insieme a 313 flaconi di medicinali e 707 mila 353 euro bloccati agli indagati sui conti corrente a titolo preventivo. Tutto è cominciato due anni fa quando venne arrestato e messo ai domiciliari (ora è libero) un veterinario dell’Asl.
Molto collaborativo con gli inquirenti, il medico svelò quello che sarebbe stato un efficace metodo per evitare i controlli. Occupandosi personalmente del prelievo degli organi nei macelli e dei campionamenti, nascondeva e sostituiva i tessuti degli animali. Tutto sembrerebbe in cambio di soldi. E’corruzione per la Procura. Chi pagava e, secondo l’accusa, era il principale fautore del business è un imprenditore agricolo del Torinese, con allevamenti anche in provincia di Cuneo, indagato per corruzione e per contraffazione e vendita di sostanze alimentari alterate. Reato per cui ci sono altri tre indagati.
Il gup di Cuneo riesaminerà la richiesta di rinvio a giudizio degli indagati all’udienza del 26 settembre. Il veterinario ha già fatto richiesta – attraverso il suo legale – di patteggiamento. Sarà in quell’occasione che l’avvocato Alessandro La Macchia per Slow Food presenterà l’istanza di costituzione di parte civile, richiesta che non dovrebbe trovare ostacoli visto che la procuratore Nanni ha già indicato l’associazione come persona giuridica danneggiata dal reato. “Gli obiettivi di Slow Food sono due – spiega La Macchia – da un lato monitorare, anche a livello giudiziario, la contraffazione degli alimenti in modo da incamerare un sapere al riguardo. Dall’altro recuperare risarcimenti da grosse aziende che sino ad ora sono sempre stati devoluti a buone cause, come, nel processo di Torino, i 10 mila euro ai terremotati dell’Emilia”.
La Stampa – 20 luglio 2014