Negli ultimi due anni si è contraddistinto per «l’applicazione estrema del decreto Salva-Italia sulla liberalizzazione degli orari dei negozi», per dirla con i sindacati, tenendo aperti i supermercati sempre, 7 giorni su 7, Natale, Pasqua e Primo Maggio compresi. Ma anche per aver sperimentato con successo, per esempio a Padova, l’apertura fino alle 23.
Ora il gruppo austriaco della grande distribuzone Billa, dopo aver ceduto ai francesi di Carrefour 53 punti vendita nel resto del Paese, si prepara ad abbandonare anche il Veneto, dove conta altrettanti supermercati. «L’obiettivo è di raggiungere una posizione rilevante in tutti i mercati in cui siamo presenti — spiega Frank Hensel, presidente di «Rewe International Ag» —. In Italia finora non siamo stati in grado di centrare questo traguardo, nonostante gli investimenti mirati e l’ottimizzazione della rete. In base alle nostre stime non saremo in grado di tagliarlo nemmeno nel prossimo futuro, perciò abbiamo deciso di abbandonare il segmento dei supermercati in Italia. Il nostro focus in ambito internazionale è sui mercati di successo del Centro ed Est Europa».
Da qui la corsa all’acquisto dei punti vendita veneti scattata tra le altre grandi catene di settore: Carrefour, il gruppo padovano Alì , Conad e Unicomm-A&O della famiglia Cestaro. «Siamo andati a vedere i negozi che ci interessano nella nostra regione e in Emilia e adesso stiamo valutando il da farsi — conferma Gianni Canella, amministratore delegato di Alì group —. Il gruppo Billa ha chiesto un po’ a tutti e tutti ci siamo interessati; ma non mi risultano trattative concrete al momento. Per comprare 53 supermercati ci vuole un’azienda forte, a meno che non decidano di cederli a più sigle». «La nostra preoccupazione è di salvaguardare i posti di lavoro — dice Maurizia Rizzo, segretario di Fisascat Cisl Veneto — e anzi di incrementare il personale, visto che i Billa sono sotto organico». Severa la reazione di Confcommercio. Dice il presidente regionale, Massimo Zanon: «È chiaro che quando la competizione si spinge all’esasperazione, qualcuno deve mollare, non c’è spazio per tutti. Anche perché il mercato italiano è molto complicato, carica le aziende di burocrazia e di contratti onerosi e alla fine cominciano a soccombere anche i centri della grande distribuzione».
M.N.M. – 16 luglio 2014 – Corriere del Veneto