«Il 40,8 per cento dovrebbe caricarci di una responsabilità straordinaria, i cittadini ci hanno dato l’opportunità di cambiare sul serio e davvero. Se non cambiamo tradiamo noi stessi e gli italiani. È ultima grande occasione». MatteoRenzi riunisce in serata deputati e senatori del suo partito perla prima volta dopolostraordinario successo delle europee e parla dei «mille giorni», di Europa, della riforma della Pa, di giustizia, di scuola, del prossimo pacchetto infrastrutture da approvare entro il 31 luglio.
E di lavoro, con la questione dell’articolo 18 sullo sfondo: «La delega sul lavoro deve essere a miogiudizio abbastanza ampia. Mavi prego di noncadere su questo nel derby ideologico. È la ragazza incinta senza tutele, che ci interessa tutelare. È l’imprenditore che se ha certezze assume. È dare garanzie a chi garanzie non ne ha avute». Renzi sprona tra l’altro tutti a fare «poche ferie» per portare avanti i progetti in campo. Ma il primo pensiero è sempre al Ddl di riforma costituzionale su Senato e Titolo V approdato da poche ore nell’Aula di Palazzo Madama. Conunavvertimento sottile ma chiaro ai suoi parlamentari: «Dopoilsì del Senato alle riforme faremo unadirezioneper affrontare le questioni legate al partito. Per il momentoèfissata per il 24, vedremose riusciremo a farla o dovrà slittare…». E ancora: «Sono disponibile a governare il partito con chi non la pensa come me, a patto che tutti si senta l’urgenza di fare le riforme che ci chiedono i cittadini». Insomma la nuova segreteria collegiale, con dentrotutte le animedella (ex) minoranza, ci sarà solo se il voto sulle riforme andrà a buon fine.
Il messaggiosembra essere arrivato, in casa Pd. Anche perché la vicesegretaria Debora Serracchiani non ha perso tempo a ricordare che sulle riforme costituzionali «è esclusa la libertà di coscienza». La riunionemattutina dei senatori democratici presieduta dal capogruppo Luigi Zanda è infatti finita con 86 sì e un solo astenuto al testo licenziato dalla commissione Affari costituzionali. I dissidenti, tra cui Vannino Chiti e Corradino Mineo, hanno scelto di nonpartecipare al voto evitando di esprimersi con un no. Gli emendamenti presentati dai “ribelli” del Pd alla fine sono una sessantina: numero accettabile. A preoccupare il governoè semmai il clima generale a Palazzo Madama, e soprattutto la possibile implosione del gruppo di Forza Italia nonostante il “serrate i ranghi” imposto ieri da Silvio Berlusconi (si veda l’articolo in pagina). Alla prova dei fatti il malessere si è concretizzato in ben 7mila emendamenti presentati alla scadenza del termine ieri alle 20: solo 6mila vengono da Sel, con chiaro intento ostruzionistico, ma ben mille sono stati presentati dall’area dissidente di Forza Italia e da Gal. Paradossalmente meno “pericolosi” per il governo i grillini, che di emendamenti ne hanno presentati solo 200. In particolare il M5S, in vista dell’incontro in diretta streaming che si terrà alla Camera domani alle 14, sfidano il Pd sulla questione dell’immunità.
Proprio sull’immunità il governo è disposto a cambiare: si pensa di lasciare ai senatori solo l’insindacabilità delle opinioni e dei voti espressi nell’esercizio delle loro funzioni togliendo l’autorizzazione a procedere per l’arresto e per le intercettazioni (che rimarrebbe per i deputati, anche se su questo sono possibili sorprese). Altri emendamenti con il via libera del governo sono allo studio sui temi del bilancio e del referendum confermativo, e saranno presentati nei prossimi giorni dai relatori AnnaFinocchiaro eRoberto Calderoli. Si punta in particolare a togliere la procedura rafforzata per l’approvazione delle leggi di bilancio: la Camera potrà respingere le modifiche proposte dal Senato delle Autonomieamaggioranza sempliceenonpiùconmaggioranzaassoluta comeprevisto dal testo approvato in commissione. Sul referendumconfermativo, infine, si continua a ragionare sulla possibilità di prevederlo in ogni caso, anche se la riforma di Senato e Titolo V dovessepassare coni due terzi dei voti. Come anticipato dal Sole 24 Ore, lo strumento èun Ddl costituzionale ah hoc da approvare poco prima e che preveda anche la definizione dei tempi per la consultazione popolare: entro un mese dal sì del Parlamento. Un modo, senza dubbio, per accelerare i tempi. Ma intanto il Ddl Boschi–Delrio deve passare le forche caudine di PalazzoMadama edei7milaemendamenti presentati: i primi voti arriveranno probabilmente solo lunedì, viste le oltre 40 ore di dibattito in agenda, e il via libera dell’Aula potrebbenon esserci neanchealla fine della prossima settimana.
Il Sole 24 Ore – 16 luglio 2014