Asciugato nelle norme di dettaglio rispetto al testo messo a punto alla fine della scorsa settimana, l’artìcolo sulla «gestione e sviluppo delle risorse umane» punta sulla « valorizzazione delle risorse umane» per favorire l’integrazione multidisciplinare delle professioni sanitarie e la riorganizzazione dei servizi.
Un percorso che il ministero della Salute porta avanti da tempo (e anche alcune Regioni “virtuose”) e che è stato in qualche modo regolamentato nel protocollo sulla cabina di regìa delle professioni prevista a gennaio di quest’anno e che ha tra i compiti l’avvio di un confronto permanente anche sui contenuti del Patto per la salute, «nell’ambito del quale monitorare e verificare la revisione dei modelli organizzativi, sia ospedalieri che territoriali, a iniziare dall’organizzazione dei presìdi ospedalieri per intensità di cure e dai modelli per complessità assistenziale, valutando le sperimentazioni in corso e promuovendo le buone pratiche». Il tutto senza oneri per la finanza pubblica, si intende.
Ciò che era già scritto in sostanza nel testo precedente, ma che nella versione di dettaglio aveva scaldato gli animi non solo delle categorie (il comparto è insorto per la previsione di “occupazione” dei ruoli Ds da parte degli specializzandi), ma anche di altri ministeri competenti per gli aspetti formativi e della gestione del personale. E che, rispetto a quanto scritto nell’ultima versione, prevedeva anche la determinazione del fabbisogno dei professionisti sanitari a livello nazionale e territoriale, con standard di personale per livello di assistenza e la stabilizzazione dei precari, secondo la legge 125/2013 (il DI precari, appunto).
Le Regioni lo hanno sottolineato nel loro esame del testo finale, che è stato possibile solo a partire da lunedì scorso (30 giugno) in vista della conferenza di giovedì, affermando che un modello specifico sul “reclutamento” del personale sanitario totalmente nuovo rispetto al passato per consentire l’accesso al Ssn di tutte le professioni sanitarie e disciplinare la formazione di base e specialistica era stato già scritto, ma che proprio su richiesta del ministro della Salute, avanzata anche a nome del Governo, è stato cancellato e riscritto e il lavoro di stesura delle nuove regole demandato a un Tavolo politico. Gli ambiti di azione sono quelli della rete ospedaliera, dei servizi territoriali e delle loro forme di integrazione e poi ancora le cronicità e le non autosufficienze. Con l’obiettivo di trovare comunque un collegamento alla recentissima riforma della Pa. Per questo la strada indicata nella bozza di Patto per la salute 2014-2016 prevede di « innovare» l’accesso delle professioni sanitarie al Ssn. La penultima bozza lo faceva attraverso le risorse della contrattazione integrativa del personale del comparto, da reinvestire nella valorizzazione delle competenze/responsabilità, già acquisite nei percorsi formativi, delle professioni sanitarie infermieristiche-ostetriche, tecniche della riabilitazione e della prevenzione, per favorire un sistema professionale capace di sostenere le esigenze dei servizi e della popolazione.
Nella bozza consegnata ai governatori si scrive il principio, ma non il percorso che, toccando aspetti di natura contrattuale, il ministero preferisce sia discusso anche con la partecipazione delle organizzazioni degli operatori. Altra indicazione è quella di ridisciplinare la formazione di base specialistica e lo sviluppo di camera con misure in grado di garantire maggiore flessibilità nei processi di gestione delle attività professionali e nell’utilizzo del personale a livello aziendale, è scritto nel testo consegnato ai governatori. Per farlo e per « razionalizzare» e «facilitare» l’accesso dei giovani medici al Ssn, la versione subito precedente a quella consegnata ai governatori, ma cassata dal ministero, prevedeva l’assunzione diretta senza specializzazione tra il personale non laureato del profilo Ds e comunque la possibilità di istruirsi negli ultimi due anni di specializzazione nelle strutture di ricovero pubbliche. Nel testo del Patto “ufficiale”, Governo e Regioni dovranno istituire, come sottolineato anche dagli assessori, un tavolo “politico” ad hoc per individuare soluzioni normative anche in base a quanto accade negli altri Paesi Ue
Il Sole 24 Ore sanità (testo estratto dall’articolo originale) – 8 luglio 2014