Lunghe file nel quadrilatero della moda milanese. Normale andirivieni nei negozi bolognesi. Code nei parcheggi dell’outlet di Barberino di Mugello. Via Condotti gremita di prodighi turisti ma strade laterali dello shopping romano deserte. Botteghe napoletane ancora affollate dopo quattro giorni di sconti. Austerity, invece, nel centro di Palermo.
Parte in altalena la giornata di saldi scattata ieri in gran parte delle regioni della penisola (al Sud già mercoledì scorso), così come sono altalenanti le valutazioni delle associazioni di categoria e dei consumatori sulla reale capacità degli sconti di fine stagione, abbinati agli 80 euro di bonus fiscale, di rimettere davvero in moto gli acquisti.
«Due italiani su tre approfitteranno dei saldi estivi con una spesa complessiva attorno ai 4 miliardi di euro, soprattutto per l’abbigliamento», prevede Confesercenti, stimando che una metà degli 80 euro in busta paga di cui hanno beneficiato 10 milioni di italiani servirà a rinnovare il guardaroba. Più cauta Confcommercio, che parla di «lieve crescita» rispetto ai saldi dello scorso anno e calcola una spesa media di 100 euro a cliente, complici sconti partiti già sopra il 40 per cento. Tutte allineate al ribasso invece – con cali tra il 5 e il 10% rispetto a un anno fa – le previsioni di Codacons, Federconsumatori e Adusbef, che parlano di scontrini medi non superiori ai 60 euro e shopping limitato allo stretto necessario.
Ad alimentare il clima di incertezza è l’intermittenza degli indicatori economici: la fiammata del +2,6% delle vendite al dettaglio in aprile fotografata dall’Istat è abbinata alla notizia di una nuova battuta d’arresto del potere d’acquisto delle famiglie nel primo trimestre 2014 e all’indice Pmi di Markit che parla di rapida caduta delle vendite tra maggio e giugno; il clima di fiducia delle imprese manifatturiere e del commercio è al punto massimo degli ultimi tre anni ma quello dei consumatori è sceso e non sarà certo stimolato dalla recente revisione al ribasso, verso lo zero, della crescita del Pil .
«In un tale contesto di incertezza è difficile pensare a un’inversione di tendenza nell’atteggiamento di spesa delle famiglie indotto dai saldi. Tanto più che l’effetto degli 80 euro del bonus fiscale di maggio – spiega il dg di Nomisma, Luca Dondi Dall’Orologio – è nullo finché viene percepito come un segnale spot e non come un incremento permanente di capacità reddituale, che si tradurrà in un aumento di risparmio o di consumi apprezzabile solo nel medio termine».
Insomma, se nella prima ondata recessiva del 2008-2009 gli italiani avevano intaccato i risparmi pur di mantenere il livello dei consumi, «in questa seconda fase la consapevolezza della durata della crisi e la precarietà delle prospettive induce le famiglie a un atteggiamento difensivo – aggiunge l’economista bolognese – dunque ad accantonamenti precauzionali. Ci fosse anche un timido rilancio della spesa innescato dai saldi sarebbe comunque un segnale positivo solo per i commercianti e non per il Paese, perché significa che è troppo ampia la forbice tra la capacità e la volontà di acquisto dei consumatori e la normale offerta del mercato. E che il rischio deflattivo è davvero concreto».
Più ottimista, ma non troppo, Prometeia che dopo sei anni di flessione dei consumi colloca nel 2014 il punto di svolta grazie anche al bonus fiscale, ma rimanda gli effetti visibili dell’aumentata capacità di acquisto al prossimo biennio, «perché la variabile più importante per i consumi resta pur sempre l’occupazione e su questo versante indicazioni positive non se ne vedono», conclude Andrea Dossena.
6 luglio 2014 – Repubblica.it