Insulti, umiliazioni, botte, addirittura torture. Sono impressionanti le immagini girate all’interno degli Istituti Polesani, una struttura per disabili psichici e fisici di Ficarolo (Rovigo). Un medico e altri nove operatori sanitari (sette donne e due uomini) sono stati arrestati per i maltrattamenti di cui erano vittima i pazienti. L’indagine con cui Carabinieri del Nas e Polizia hanno scoperchiato l’ennesimo polo sanitario degli orrori, aveva preso il via dalla denuncia presentata lo scorso anno da alcuni parenti delle vittime, che avevano notato lividi ed ecchimosi sul corpo dei loro familiari ospiti della struttura.
«Chissà che ti venga un tumore alla gola così non ti sentiamo più». È l’«augurio» che un medico ha rivolto a un paziente cieco che si era lamentato con i parenti per i continui maltrattamenti subiti. Ma quella era quasi una «carezza» se confrontata alle sberle, alle botte in testa e al viso con scarpe da ginnastica, alle spinte, alle umiliazioni anche sessuali che venivano riservate ai pazienti della casa-lager, quasi tutti non autosufficienti.
L’indagine ha fatto emergere una situazione estremamente preoccupante, documentata dagli inequivocabili filmati dei maltrattamenti, divenuti consuetudine quotidiana nell’istituto di Ficarolo.
«Insulso», «stupido», «ignorante», «tua sorella ti ha rispedito qui dentro» erano le colonne sonore, registrate dalle intercettazioni ambientali che accompagnano soprusi di vario genere. Dall’infilare le scarpe a chi era costretto a letto, alle tirate di capelli per «aiutare» chi dal letto doveva scendere; dal cambio di pannoloni in pubblico, davanti a degenti di sesso opposto, al paziente lasciato nudo sulla sedia a rotelle, costretto ad infilarsi in bocca una maglietta. Un elenco minuzioso di torture contenuto nelle 50 pagine di ordinanza del gip Carlo Negri. Una realtà di violenza e brutalità davanti alla quale c’era anche chi, e per questo è indagato, si voltava dall’altra parte. La direzione degli Istituti Polesani si è detta all’oscuro dei fatti avvenuti dentro al struttura, esprimendo «stupore e sgomento» per gli arresti.
La residenza sanitaria, in apparenza modello di funzionalità, avrebbe nascosto dietro le finestre chiuse un vero e proprio lager, in cui erano costretti coloro che avevano maggior bisogno di cure e affetto. Alle richieste dei familiari delle vittime di avere chiarimenti circa le lesioni riscontrate ai propri cari, il personale dell’Istituto si giustificava, ogni volta, sostenendo che i pazienti si erano infortunati a causa delle precarie condizioni fisiche, derivanti da problematiche motorie o da malattie psichiatriche.
Nell’ordinanza il gip sottolinea la gravità dell’operato del medico a carico del quale «emerge il gravissimo episodio della perdita della vista da un occhio di una signora in occasione della quale fece ai figli della paziente dichiarazioni fuorvianti, tese a minimizzare oltre al limite del verosimile l’accaduto e le cause». [r. f.]
La Stampa – 21 giugno 2014