La riflessione alla luce della del Rapporto sull’erogazione dei Lea che ha evidenziato da un lato l’utilità dei Piani di Rientro per “convincere” le regioni a riorganizzare il proprio servizio sanitario e dall’altro il ruolo che lo Stato deve avere nella tutela della salute e quindi sul ruolo del Ministero
Il complessivo miglioramento della performance delle regioni italiane per quanto attiene alla erogazione dei LEA ( anno 2102) segna anche il passaggio della Regione Lazio dal “fondaccio” delle regioni inadempienti a quello di rango superiore (le regioni a 5 stelle) anche se ad un livello ancora basso rispetto alla due capofila Emilia e Toscana. E’ comunque un risultato importante che dimostra che qualche cosa, anche se ancora a rilento, si sta muovendo ai fini di un miglioramento della qualità del sistema .
I dati dimostrano però due altre verità altrettanto evidenti
La prima riguarda l’utilità dei Piani di Rientro (PdR) che, nonostante i limiti spesso denunciati di un economicismo eccessivo, rimangono uno strumento indispensabile per “convincere” le regioni a riorganizzare il proprio servizio sanitario efficientando al contempo la spesa. Un giudizio che il Ministero della Salute fa ampiamente suo evidenziando come su sei regioni sottoposte a PdR tre abbiano sensibilmente migliorato la propria posizione.
La seconda riguarda il ruolo che lo Stato deve avere nella tutela della salute erga omnes sostituendosi alle regioni (art. 120 della Costituzione) laddove chiaramente inadempienti. E questo ultimo aspetto rimanda alla discussione sulla modifica del Titolo V della Costituzione e al ruolo del Ministero della Salute rispetto allo strapotere del MEF, recentemente sollevato dal Ministro Lorenzin.
Questioni, queste ultime, strettamente intrecciate tra loro perché un forte ruolo del Ministero della Salute (oggi estremamente compresso dal Ministero dell’Economia ma anche dalla Conferenza Stato Regioni) è possibile solo se il servizio sanitario conserverà le proprie caratteristiche di unitarietà (come recentemente richiamato dal Presidente Errani) e se il confronto con le regioni non perderà quelle caratteristiche di “concorrenza” e “co-decisionalità” oggi messe in discussione dalla riforma del Titolo V targata Renzi.
Il ministero della Salute potrà avere un ruolo soltanto se il Servizio sanitario rimarrà nazionale e soltanto se aumenterà la propria forza contrattuale nei confronti delle regioni che spesso hanno considerato le proposte del Ministero come intrusive. E valga come esempio per tutte l’ostilità con cui il progetto di Casa della salute fu accolta da molte regioni (Lazio ed Emilia compresa) che poi a distanza di anni hanno riconosciuto la bontà di quel modello facendolo proprio e migliorandolo.
In mancanza di ciò ben poco potrà fare un Ministero della Salute ulteriormente svuotato di poteri anche alla luce di quello che avverrà per il Senato (una sorta di super Conferenza delle regioni) laddove gioco forza saranno prese le decisioni “erga regiones” più importanti ivi comprese quelle relative alla sanità
Roberto Polillo – QS – 30 maggio 2014