La cupola pilotava l’assegnazione dei lavori con favori e mazzette. Prima si individuavano i funzionari compiacenti poi si passava a promettere coperture politiche e garanzie di carriera. Così i ritardi nei lavori e le deroghe governative alle norme hanno permesso a Frigerio & Co. di eludere ogni vigilanza
In quella sorta di grande partita a scacchi che si giocava attorno agli appalti dell’Expo, la banda di Frigerio aveva un alleato insospettabile. La legge. Quattro vecchie ordinanze della presidenza del Consiglio, una firmata da Romano Prodi nel 2007, le altre tre da Silvio Berlusconi nel 2010, hanno consegnato i lavori milionari della Esposizione internazionale di Milano alla logica “perversa” e tristemente nota del Grande Evento. Con le previste deroghe al Codice dei contratti «per motivi di urgenza». Con la possibilità di sostituire i bandi di gara europei con procedure informali, su invito. Sottraendo gli appalti al controllo della Corte dei Conti e dell’Autorità garante dei contratti pubblici.
LA SCELTA E L’ACCHIAPPO
La prima mossa era sempre la stessa: individuare il funzionario compiacente, sia esso un direttore generale della Asl o un alto dirigente dell’Expo. Bisogna conoscerli, prima, e in questo Frigerio è un maestro. Ha una memoria straordinaria («conoscevo il padre — dice, parlando di un dirigente di un ospedale milanese — negli anni Settanta, era capodipartimento del personale»), è ossessivo (chiama più di duemila volte le Asl nel giro di un anno e mezzo), sa essere convincente: offrendo automobili (è il caso di Angelo Paris, direttore dei contratti dell’Expo) e assicurando carriere fulminanti. C’è bisogno di lusingare il dirigente delle metropolitane milanesi, Stefano Cetti? «Adesso ti rafforzano come collegamenti (politici, ndr)», promette.
L’ONNIPRESENTE COOP ROSSA
Per muoversi senza noie, però, è bene rassicurare il gancio, il pubblico ufficiale in questione, con coperture da tutte le parti. Destra, sinistra, centro e in caso anche la Lega. Non a caso lo schema si ripete: si presenta all’offerta un Ati composta da una cooperativa rossa (Manutencoop, la Co.Lo.Coop., la Cnc) e dall’azienda che paga le tangenti a Frigerio e soci, quasi sempre la Maltauro. Per dirla con le parole del “professore”: «Gli accordi li abbiamo già presi quando ho fatto l‘incontro qui con il capo loro, il Levorato (ndr, il numero uno della Manutencoop). È stato lui che mi ha detto “sì, noi con la Lega abbiamo buoni rapporti…”, m’ha spiegato di Tosi, io gli ho detto “curate i lombardi”, perché Cl li curan loro… quindi noi siamo tranquilli».
GLI APPALTI SENZA CONTROLLO
L’ultimo ostacolo, una volta tutti d’accordo, era l’aggiudicazione della gara. Ostacolo che, nel caso dell’Expo, a sorpresa è quasi inesistente. Grazie alle quattro ordinanze della presidenza del consiglio per i lavori dell’Expo «in casi di urgenza» si può derogare alla normativa del codice degli appalti. Dunque sostituire la gara europea (aperta a tutte le aziende) con la procedura negoziata, che funziona su invito specifico. Non solo. Quelle quattro carte permettono anche di sottrarre la gestione degli appalti sia al controllo preventivo dell’Autorità di vigilanza dei contratti pubblici, sia a quello, successivo, della Corte dei Conti. Il garante e i magistrati amministrativi sono ciechi.
«I lavori (dell’Expo, ndr) sono indietro da morire — comunica compiaciuto Cattozzo a Frigerio il 20 settembre 2013 — poi verrà fuori la somma urgenza!… che diano gli appalti senza neanche… e chi c’è dentro se li becca tutti… e lì siamo d’accordo con Enrico (Maltauro, ndr)… una sorta di cordata». «Noi dobbiamo spingere!», è la risposta del “professore”.
Spingevano, eccome. Procurandosi due «amici» nella commissione aggiudicatrice. Facendo carne di porco degli appalti che passavano dalla direzione dei contratti di cui Angelo Paris era capo, e loro referente privilegiato. «Lui (Paris, ndr) in futuro ha tre lavori — spiega Cattozzo — uno da 28 (milioni), uno da 18 e uno da 12». Paris consegna ai faccendieri istruzioni precise, per tarare l’offerta vincente: «Mi ha anche detto di stare attento, perché le gare le faranno al massimo ribasso… che arriva uno che ti fa il 40 per cento… ». Si prodiga, in maniera «sorprendente», annota il gip nell’ordinanza, in favore del gruppo.
Un Paris corruttibile che conduca i giochi, la “banda”, lo trova sempre. «I primari vanno e vengono dai politici perché la sanità è gestita da loro — spiega in una temeraria telefonata l’indagato Giovanni Rodighiero, delineando i contorni del sistema con cui hanno messo le mani sui lavori degli ospedali — allora se tu hai il santo protettore (in questo caso sarebbe Frigerio), lui ne prende atto e va a parlare con chi di dovere». Cioè col direttore generale, nominato dalla giunta regioanle. Dopodiché, come per magia, spuntano gare e capitolati di spesa confezionati ad hoc sulle esigenze della ditta che si vuol far vincere.
LE MAZZETTE
C’è un’ultima mossa da fare sulla scacchiera. Distribuire i dividendi di tutta questa complessa manovra. Seicentomila euro da Maltauro per la vittoria dell’appalto per l’“Architettura dei servizi”nell’area Expo, da dividere tra Frigerio, Greganti, Cattozzo. Altri 600mila, «da distribuire anche all’ex senatore Luigi Grillo», per il lavoro da 98 milioni di euro della Sogin, responsabile della bonifica dei siti nucleari. Maltauro l’ottiene — scrive il gip — grazie a una gara truccata dall’ex ad Giuseppe Nucci e dal manager Alberto Alatri.
Ogni tanto sorgono dei problemi. Nella realizzazione dei padiglioni esteri, per esempio, i cinesi dicono di voler fare per conto loro senza passare dalla banda. E allora, dice Frigerio, «dobbiamo storcere il più possibile il braccio al cinese… perché se diamo il messaggio al cinese “tana libera tutti”(…) io non lo so come il cinese fa gli scavi e le fondazioni (…) … se a un certo punto passa il messaggio che il cinese fa come cazzo gli pare, gli altri dicono scusa ma perché a me hai rotto i coglioni…?». Ecco fatto. Scacco matto.
Repubblica – 13 maggio 2014