di Sandra Riccio. Arrivano 80 euro al mese in più per 10milioni di italiani ma anche più tasse sui risparmi a partire dagli interessi (pochi) che maturano sui conti correnti. Dal primo luglio salirà la tassazione su numerosi strumenti del risparmio e andrà dal 20 al 26%. Dalla nuova misura non saranno toccati i titoli di Stato e quindi tutto il popolo dei Bot e dei Btp sarà salvo con un’aliquota, a questo punto, ancora più vantaggiosa, ferma al 12,5%.
A pagare di più saranno invece i tanti risparmiatori, spesso famiglie e piccoli investitori, che in questi anni hanno messo i loro soldi in un conto deposito. «Ci sarà un incremento di efficienza su alcuni prodotti a scapito di altri» dice Marcello Ferrara, analista di Consultique.
Come salvarsi? Qualche strada c’è ma riguarda spesso soltanto i nuovi clienti delle banche e in ogni caso è limitata a un periodo di tempo iniziale. Va più che altro cercata tra gli sconti proposti dalle banche su bolli ministeriali (34,20 euro) o sulla mini patrimoniale (bollo del 2 per mille) sul dossier titoli.
Conto salato per le famiglie
La novità dell’estate costerà parecchio alle famiglie. La cifra dipenderà dalle somme di denaro in giacenza oltre che dal rendimento garantito dallo strumento di risparmio. L’aggravio, va detto, sarà pressoché irrisorio per i conti correnti che hanno tassi al lumicino. Secondo la Cgia di Mestre, un correntista con 12mila euro sul conto corrente (0,13% di tasso) dovrà sborsare appena 1 euro in più all’anno. Sopra i 50mila euro, pagherà 26 euro l’anno che saliranno a circa 170 euro sui 250mila euro. Più importante sarà invece il peso sui conti deposito. Che per di più in questo momento già offrono remunerazioni ridotte, in media sotto al 2% lordo. E su cui pesa anche il 2 per mille del bollo dossier titoli. Fatti due conti un risparmiatore che ha in deposito 10mila euro, oggi ha un rendimento netto che a seconda dell’offerta e del vincolo varia tra i 140 e i 256 euro netti annui. Con la nuova tassazione, il guadagno scenderà a 130 e 236 euro che vuol dire una maggior imposta tra 10 e 20 euro.
Le offerte delle banche
La via per alleggerire il carico è quella di scegliere sconti e promozioni. Alcuni istituti si stanno muovendo per alleggerire il peso del Fisco. Da CheBanca fanno sapere che stanno preparando misure per dare soluzioni alternative ai clienti anche alla luce della nuova tassazione. Altri hanno già predisposto da tempo sconti sui bolli ma la lista di chi “offre” al cliente di tasca propria questo balzello è sempre più corta. Sono rimaste Banca Ifis, Ibl Banca, Banco Popolare, Barclays e Santander, tra i nomi più noti. Altri istituti stanno invece puntando sul buono per lo shopping per ammortizzare la spesa. Oggi, tra chi è in promozione, c’è per esempio Hello Bank di Bnl, che regala un buono spesa da 100 euro (su Amazon.it) a chi diventa nuovo cliente. E Webank (Gruppo Bipiemme) che dà 120 euro in buoni benzina a chi apre un nuovo conto.
Il fai-da-te paga più tasse
E chi punta su azioni o obbligazioni? Anche qui l’aliquota sale dal 20 al 26% e questa categoria di risparmiatori si troverà a pagare di più, specie se sceglie la strada del fai-da-te. La norma include infatti un “baco” che favorisce gli investimenti attraverso Fondi comuni bilanciati o Etf bilanciati. Il gap dipenderà da caso a caso. Facciamo l’esempio di un portafoglio, abbastanza comune, che punta il 20% su azioni e il restante 80% su titoli di Stato della white list.
Ipotizziamo che questo portafoglio a fine anno arrivi a un rendimento del 15% sulla parte azionaria e a un 2% sui bond. Al Fisco pagherà il 15,20% in tasse sulle rendite se gestito attraverso Fondi o Etf. Ma questa quota di imposte salirà invece, per questo caso specifico, al 21,30% se i vari titoli sono selezionati e acquistati autonomamente dall’investitore. In pratica nel calcolo dell’imposta cambia la metodologia di calcolo che per i fondi e gli Etf prevede che la tassazione viene calcolata in proporzione al peso nel Fondo o nell’Etf di ciascun asset, in questo caso delle azioni e delle obbligazioni. Si tratta di una differenza di ben 6 punti percentuali a sfavore dei piccoli azionisti abituati a fare da sé e che con l’aumento dell’aliquota al 26% è raddoppiata.
La Stampa – 5 maggio 2014