«Ma quale novità? Questi li abbiamo sempre considerati temi di serie A», dice. E poi, aggiunge, «mi fa un po’ sorridere che si parli di “svolta animalista” dentro Forza Italia, come se fosse una scoperta dell’ultimo minuto. Non è così».
Sarà perché è stata il ministro che a suo tempo aveva portato Silvio Berlusconi a sostenerla nelle politiche animaliste. Sarà perché lei, animalista, lo era diventata all’età di tredici anni. Oppure più semplicemente sarà perché, dentro il partito, la titolare del dossier è lei. Sta di fatto che Michela Vittoria Brambilla — che guida il Dipartimento per il Sociale e la solidarietà di Forza Italia, all’interno del quale ha creato una divisione «Amici animali» — passa al contrattacco. Presenta un «programma politico» articolato sui temi dell’animalismo. E, soprattutto, precisa che si tratta di punti specifici su cui verrà chiesto il sostegno di tutti i movimenti e i partiti.
«Le larghe intese dell’animalismo», le chiama Brambilla. E lo dice esplicitamente: «Mi auguro che anche tutte le altre forze politiche scelgano di elevare questi temi al livello di priorità nella loro agenda parlamentare e di governo: insieme potremo essere più efficaci. A noi animalisti, infatti, interessano i fatti concreti. Vogliamo vincere le nostre battaglie in difesa di chi non ha voce. E chiunque abbia intenzione di contribuire sarà ben accetto e apprezzato». Un appello che, proprio mentre la febbre dell’animalismo vero o presunto arriva a contagiare quasi tutti i berlusconiani, da oggi finisce idealmente su tutte le scrivanie dei parlamentari italiani. Dai democratici ai Cinquestelle, passando per i leghisti e i centristi di ogni ordine e grado.
Ed eccoli, i punti del «piano» del dipartimento di Forza Italia guidato dalla Brambilla. Quarantacinque punti che coincidono con altrettante proposte di legge «in tema di tutela del benessere degli animali e dei loro diritti, di sostegno alle loro famiglie e rispetto dell’ambiente», che l’ex ministro del Turismo ha presentato come primo firmatario negli ultimi anni. Proposte che adesso sono state selezionate e raccolte in un documento unitario. Tra queste ci sono l’introduzione di un sistema mutualistico per cani e dei gatti delle famiglie meno abbienti, l’aumento della quota detraibile delle spese sostenute per mantenere degli animali domestici, il libero accesso nei parchi e nei luoghi aperti al pubblico. E persino qualche riforma costituzionale. A cominciare da quella dell’articolo 9 («La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione»), che secondo Brambilla va integrato anche con «l’accoglimento del principio, sancito dal Trattato di Lisbona, che riconosce gli animali come esseri senzienti». Senza dimenticare le «norme per garantire l’opzione per la dieta vegetariana e la dieta vegana nelle mense e nei luoghi di ristoro pubblici e privati». C’è anche una parte che riguarda i cavalli. Con norme «sulla riabilitazione attraverso l’utilizzo del cavallo (ippoterapia)», quelle «per la tutela degli equini e loro riconoscimento come animali di affezione», il «divieto di macellazione e di consumo delle carni equine.
C’è un consistente elettorato potenziale che aspetta queste norme? La risposta sembrerebbe affermativa. Basta leggere l’ultimo rapporto Eurispes, secondo cui il 52,1 % di chi possiede un animale spende in media 30 euro al mese per dargli da mangiare e curarlo. La spesa, per il 32.8 per cento dei possessori di domestici, arriva a 50 euro al mese. Mentre quasi l’11 per cento spende nello stesso periodo una cifra che va dai 51 ai 100 euro. L’indice di affezione di una parte degli italiani per gli animali, soprattutto considerando i tempi di crisi, è tutta in queste cifre. Ancora qualche tempo e si vedrà se le «larghe intese animaliste» in 45 punti lanciate dal dipartimento forzista della Brambilla prenderanno il largo. Lei lo ripete fino allo sfinimento: «A noi animalisti interessano i fatti concreti. Vogliamo vincere le nostre battaglie in difesa di chi non ha voce».
Tommaso Labate – Corriere della Sera – 5 aprile 2014