Accorpamento di alcuni uffici con conseguente sforbiciata fra i 23 Capi Dipartimento che guadagnano oltre 200 mila euro lordi ciascuno. Eliminazione di alcune decine di consulenti (sulla novantina elencati al 31 dicembre), in particolare di quelli legati alle strutture di missione dei ministeri senza portofaglio ”chiusi” con la fine del precedente governo.
Più in generale, riduzione degli stipendi di tutti i dirigenti (poco meno di 300 fra prima e seconda fascia) attraverso la riformulazione dei criteri per l’assegnazione dell’indennità di risultato i cui nuovi criteri dovrebbero essere fissati dalla riforma della pubblica amministrazione cui sta lavorando il ministro Marianna Madia. Riavvio delle procedure destinate a riportare presso i ministeri di competenza alcuni uffici e di conseguenza alcune decine di addetti che negli anni scorsi sono dirottati verso Palazzo Chigi. Revisione delle procedure di sicurezza di palazzo Chigi che assorbono alcune centinaia di poliziotti e carabinieri.
IL PIANO
Si articola su questi cinque punti, nelle grandi linee, il piano d’azione del governo Renzi sul fronte di Palazzo Chigi. «Il palazzo del governo – ha dichiarato la settimana scorsa al Messaggero il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Graziano Delrio – darà l’esempio a tutta l’amministrazione pubblica».
Una dichiarazione che non è rimasta lettera morta. Così come accadde con il governo di Mario Monti nei primi mesi del 2012, nei giorni scorsi il nuovo segretario della presidenza, Mauro Bonaretti, braccio destro di Delrio, ha incontrato tutti e 23 i Capi Dipartimento. Ne è emerso un quadro dettagliato sul quale il governo si appresta ad incidere.
I NOMI
I tempi non saranno lunghissimi anche perché, come prevede la legge, le nomine dei dirigenti pubblici vanno in scadenza con l’arrivo del nuovo governo. Il termine ultimo per modificare lo status quo è l’8 aprile. Dunque non c’è tempo da perdere anche perché il governo non ha ancora distribuito le deleghe fra i vari sottosegretari con il risultato che negli staff cresce l’incertezza.
C’è da scommettere, comunque, che nei prossimi giorni nelle 23 stanze più importanti di palazzo Chigi il nervosismo si taglierà con il coltello. A veder la tabella delle loro retribuzioni (reperibile su internet a questo indirizzo: www.palazzochigi.it si ha la riprova del pessimo funzionamento del premio di risultato che viene assegnato a tutti praticamente nella stessa misura di circa 30 mila euro lordi l’anno. Per l’esattezza, i più meritevoli fra i 23 dirigenti sono a quota 31.658 euro seguiti da una nutrita pattuglia di colleghi a quota 29.658 e da due o tre casi che si sono fermati a 26.658.
Questi denari si aggiungono ai 55.812 euro di retribuzione fissa e ai 36.300 legati alla posizione. In pratica, un capo dipartimento parte da uno stipendio annuo di 153 mila euro lordi. Cui si aggiungono i cosiddetti “emolumenti accessori” che oscillano fra i 45 e i 176 mila euro lordi. Il gruppo più numeroso fra i 23 alti papaveri si colloca così, come stipendio complessivo, intorno ai 218 mila euro poiché per la maggioranza di loro l’emolumento accessorio è di 85 mila euro
I CASI PARTICOLARI
E se Antonio Attanasio, consigliere della Corte dei Conti, prende solo 45 mila euro per “l’accessorio”, la stessa indennità sale a 176 mila euro per il capo della Protezione Civile, Franco Gabrielli. Il quale, paradossalmente, pur guidando una struttura di estrema complessità, ottiene 31.658 euro di indennità di risultato come altri suoi 12 colleghi di Palazzo Chigi, alcuni dei quali coordinano un numero di persone irrisorio.
Sembra evidente che buona parte della battaglia sulle retribuzioni dei dirigenti si giocherà proprio su questa voce. Fra gli addetti ai lavori circola l’ipotesi di legarla l’indennità di risultato ai traguardi raggiunti dall’intera struttura coordinata e non dalla mole di lavoro svolta dal singolo dirigente. A giorni la soluzione del rebus.
Il Messaggero – 31 marzo 2014