Il bilancio definitivo ancora non c’è, ma Ignazio Marino sa già che anche nel 2013 l’Atac si avvia a perdere almeno altri 150 milioni. Così dicono le stime di pre-consuntivo. C’è poco di cui stupirsi. L’azienda dei trasporti romana è l’emblema massimo della dissipazione di risorse pubbliche. Negli ultimi 10 anni le perdite cumulate sono state di ben 1,6 miliardi.
Come di vede anche l’anno scorso la media del cronico buco del carrozzone dei trasporti romani è stata rispettata. Altro che decreto Salva-Roma e quei 500 milioni assicurati ieri l’altro dal Governo per evitare il crac della Capitale. O si mette mano con forza ai pesanti nodi strutturali dei conti traballanti da decenni del Comune, o quell’iniezione di risorse fresche finirà presto.
Altri tre anni di perdite dell’Atac di quest’entità e i soldi erogati due giorni fa andranno tutti in fumo. Con i suoi 12mila dipendenti, che costano solo in stipendi ogni anno oltre mezzo miliardo, difficile rimettere in carreggiata quel mostro di inefficienza che è da anni l’Atac. Solo il costo dei dipendenti vale quasi due volte l’incasso dei biglietti, dato che Roma presenta uno dei più alti tassi di evasione tariffaria. Messa così l’azienda non può che andare in perdita. E sì che il Campidoglio versa ogni anno nelle casse dell’Atac quasi 500 milioni e per l’intero servizio dei trasporti il Comune destina 700 milioni.
Soldi necessari a garantire un servizio di qualità scadente e inoltre cronicamente in perdita. Atac e Ama: buco da 1,4 miliardi per il Comune Ma non c’è solo l’Atac. L’altro bubbone romano è l’Ama, l’azienda dei rifiuti. Altro gigantesco carrozzone pubblico con i suoi 8mila dipendenti che costano 400 milioni di euro. Anche qui il Comune stacca un assegno annuo di oltre 700 milioni. È il contratto di servizio che pesa sulle tasse pagate dai romani. L’Ama riesce da un paio d’anni a chiudere senza perdite. Ma ha debiti con le banche per 677 milioni ed è stata salvata già una volta dal Comune che ha dovuto ricapitalizzare la società che aveva patrimonio negativo. Il copione è valso anche per l’Atac.
Con un impatto devastante. Il salvataggio due anni fa di Atac e Ama è costato in termini di ricapitalizzazioni oltre 1,4 miliardi di euro. Cifre impressionanti che la dicono lunga sul dissesto delle aziende pubbliche romane. Il conto ovviamente lo pagano i romani che hanno versato nelle casse del Comune, nel 2013, 2,9 miliardi tra Imu; addizionale Irpef, tassa rifiuti e imposte varie. Ovviamente le tasse servono a pagare i servizi, ma nel caso di Roma si pagano soprattutto gli stipendi all’esercito dei dipendenti della gigantesca macchina comunale e delle sue aziende pubbliche. 60mila dipendenti che costano 2,5 miliardi
Esercito non è un eufemismo. Solo i dipendenti comunali sono 25mila per un costo annuo che supera il miliardo. Poi vanno aggiunti i 12mila di Atac, gli 8mila dell’Ama i 7mila dell’Acea. Sommati tutti i dipendenti di Roma Capitale e delle sue 19 controllate, sono 60mila per un costo che supera i 2,5 miliardi. Come si vede le entrate tributarie del Comune servono di fatto a pagare solo il costo del lavoro della macchina comunale della Capitale d’Italia. Ovvio che messa così appare evidente come mantenere i conti in ordine sia un’impresa titanica.
Ma i sindaci tutti, da Rutelli, a Veltroni, ad Alemanno e oggi a Marino ci hanno messo del loro. Non basta tagliare come ha fatto Marino le spese per gli organi di Governo. Un atto nobile, ma simbolico che non risolve il dramma strutturale del dissesto finanziario. Occorre, come ha chiesto il Governo nel nuovo decreto che ha messo a disposizione liquidità per le casse, intervenire drasticamente sulle aziende pubbliche, tagliare spese e recuperare entrate.
Multe non riscosse per 600 milioni Cosa che non accade. Basti pensare alle multe. Il Comune ha iscritto a bilancio per il 2013 incassi dalle multe per 408 milioni quando nel 2012 l’accertato è stato di 280 milioni. Un exploit, un tentativo di recuperare soldi laddove è possibile. Ma irrealistico se non velleitario, dato che le multe, soprattutto quelle vecchie di molti anni, non vengono poi riscosse. Roma ha un arretrato di incassi teorici per contravvenzioni stradali per quasi 600 milioni. Ebbene nel 2012 sono stati incassati realmente solo 31 milioni, un ridicolo 5% del totale. A fine del 2012 i residui da riscuotere sono addirittura saliti a 732 milioni. Un laissez faire inquietante. Se non si riscuotono entrate poi si chiede al Governo di intervenire. Troppo comodo. Ma è tutta la gestione delle spese che pecca di inefficienza. La spesa corrente? sopra i 5 miliardi La spesa corrente non è mai scesa in questi anni.
Nel 2013 ha toccato ha superato i 5 miliardi su un bilancio totale di 6,5 miliardi. Se non si taglia con forza lì, la richiesta di fondi da parte del Governo non conoscerà fine. Eppure sembra che non ci siano intenzioni in questo senso. Nella relazione del collegio sindacale al bilancio 2013 non c’è traccia di nessun intervento sui costi del personale. Per il 2015 la spesa sarà ancora di 1,1 miliardo per i 25 mila dipendenti diretti. Anche le farmacie sono in perdita Ma sprechi e inefficienze di gestione sono ovunque. Basti pensare che anche le farmacie comunali gestite da Farmacap sono in perdita. Quindici milioni da ripianare nel prossimo bilancio. Ma anche l’insieme dei servizi a domanda è un buco per i conti del Comune. Asili, mense, musei, mercati all’ingrosso costano 176 milioni, mentre dalle tariffe il Comune incassa solo 38 milioni.
Eclatante il caso delle mostre e dei musei.
Dai biglietti si incassano solo 7 milioni quando le spese toccano i 50 milioni. Debiti a 1,2 miliardi, triplicati in tre anni Il dato di un sistema di governo cittadino che non funziona è nel debito. Roma nel 2008 con la gestione commissariale si era ripulita da una montagna di 12 miliardi di vecchi debiti eredità delle Giunte Veltroni-Rutelli. Si ripartiva puliti da zero. Un’occasione unica concessa a Roma per cambiare marcia. Con Alemanno è successo il contrario. Già nel 2010 i debiti hanno cominciato a risalire. A fine di quell’anno l’indebitamento era di 456 milioni. A fine del 2012 i debiti sono triplicati e ora superano 1,2 miliardi.
Tra interessi e rimborsi il Comune di Roma dovrà mettere mano al portafoglio ogni anno per la bellezza di 100 milioni di euro. Soldi che ovviamente non sono disponibili per altro. Neanche sul debito nonostante l’azzeramento del 2008 e il passaggio soto l’ala del Commissario, Roma è riuscita a cambiare marcia.
Il Sole 24 Ore – 3 marzo 2014