Il premier in pectore, al Colle per oltre un’ora, si è riservato di accettare: “Domani inizieranno le mie consultazioni”. Poi annuncia la serrata tabella di marcia: a febbraio riforme elettorale e costituzionale, poi da marzo lavoro e fisco. La fiducia in parlamento tra venerdì e sabato. Il rebus della squadra dei ministri. Alleanze, confronto con Alfano, e Schifani (Ncd): “Non siamo stampella di nessuno”. Stamani segnali positivi dal mondo finanziario
ROMA – “Ho ricevuto l’incarico di provare a formare il nuovo governo, ho accettato con riserva per l’importanza e la rilevanza di questa sfida. Immaginiamo un allungamento della prospettiva politica, in questa situazione difficile metterò tutta l’energia e l’impegno di cui sono e siamo capaci. Domani inizieranno le mie consultazioni formali, abbiamo intenzione di lavorare in maniera molto seria sui contenuti”. Al termine di un colloquio al Colle durato oltre un’ora, Matteo Renzi ha accettato con riserva – come da prassi istituzionale – l’incarico di formare un nuovo governo.
Con un tono particolarmente misurato, il nuovo premier incaricato ha subito annunciato al Paese il programma serrato che intende darsi nei prossimi mesi: entro febbraio riforme elettorale e costituzionale. Poi. da marzo, lavoro e fisco: “Siamo ben consapevoli dei prossimi
passaggi. Bisogna avere una straordinaria attenzione ai contenuti e alle scelte da fare”, afferma Renzi. La piattaforma di governo, spiega poi, “prevede entro il mese di febbraio un lavoro urgente sulle riforme costituzionali ed elettorali e subito dopo a marzo immediatamente il lavoro, ad aprile la riforma della pubblica amministrazione, e a maggio il fisco”.
L’orizzonte naturale del nuovo esecutivo – prosegue – resta quello della “legislatura”, per un “impegno serio e significativo”. Un “orizzonte” che “necessita di qualche giorno di tempo per sciogliere la riserva”.
Il segretario del Pd era arrivato al Quirinale dieci minuti prima dell’orario fissato alla guida di una Giulietta bianca. Accanto a lui il capo ufficio stampa del Pd, Filippo Sensi. Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano lo aveva convocato alle 10.30 di questa mattina per conferirgli l’incarico di dare vita a un nuovo esecutivo. Un incarico che si sta rivelando pieno di difficoltà, composizione della squadra dei ministri in primis. Dopo l’ingresso del premier in pectore, dinanzi alla residenza del presidente della Repubblica era partita una manifestazione di protesta organizzata da Fratelli d’Italia – con Giorgia Meloni in testa – al grido di “elezioni subito”.
Nel frattempo, arrivano i primi giudizi positivi dal fronte finanziario, dove lo spread tra Btp italiani e Bund tedeschi ha aperto in ribasso a 195 punti dopo la decisione di Moody’s di alzare l’outlook dell’Italia da negativo a stabile. Il capo dello Stato ha concesso due giorni al segretario del Pd – da sabato sera, termine delle consultazioni a stamattina appunto – per permettergli di salire al Colle se non con la lista dei ministri pronta almeno con una squadra già tratteggiata a grandi linee, anche se le prime indiscrezioni parlano di un esecutivo ancora in alto mare, sia sul versante degli equilibri di maggioranza sia su quello delle persone a cui affidare i singoli dicasteri.
Domenica era stata una delle fedelissime di Renzi, la responsabile Riforme del partito, Maria Elena Boschi (in pole per diventare ministro) a far capire lo stato delle cose: “Ci servirà qualche giorno”, aveva detto anticipando quanto confermato oggi dal leader dem.
Il sindaco comincerà le consultazioni domani alla Camera, dopo che avrà riunito a Firenze per l’ultima volta il consiglio comunale. I colloqui potrebbero andare avanti fino a giovedì. Poi, dopo lo scioglimento della riserva e il giuramento, venerdì il nuovo presidente del consiglio dovrebbe andare in Senato e chiedere la fiducia.
Sul fronte delle alleanze continua il confronto con Angelino Alfano e il Nuovo Centrodestra. Un appoggio, quello del ministro dell’Interno uscente, ad oggi fondamentale (soprattutto al Senato) per la nascita dell’esecutivo renziano. Alfano, come già fatto intendere dopo le consultazioni al Quirinale, non considera affatto scontato il sostegno al governo se non si realizzano alcune condizioni. Una è la conferma, oltre che di lui stesso, degli attuali ministri Maurizio Lupi e Beatrice Lorenzin. In secondo luogo un perimetro della maggioranza che da un lato non si sposti troppo a sinistra e dall’altro non preveda, al di là dell’accordo sulle riforme, una significativa apertura a Forza Italia.
Senza contare le conseguenze che potrebbe avere sulla definizione del programma e su tempi e modalità di realizzazione delle riforme lo scontro in atto tra Fi e Ncd. Renato Schifani (Ncd) ha risposto alle dichiarazioni del leader di Forza Italia che accusava il Nuovo Centrodestra di essere “la stampella del governo di sinistra”. “Per due anni Silvio Berlusconi è stato addirittura alleato della sinistra, con Monti e nella prima fase di Letta. La battuta della stampella mi sembra non felice e non realistica. Noi non saremo la stampella di nessuno, e porteremo avanti programmi di centrodestra” ha detto Schifani.
Ma Schifani non riserva critiche anche a Renzi. “Parliamo di programma, di punti condivisi e poi di squadra di governo”. Ottenuto l’incarico, per riuscire varare l’esecutivo, “Renzi si dovrà misurare prima con il programma, perchè il suo non può e non dovrà essere un governo di centro sinistra. Per Ncd il prossimo governo non può che rimanere di larghe intese”.
Repubblica – 17 febbraio 2014