Oltre 8,5 miliardi in più. È questa la promessa di Beatrice Lorenzin alle Regioni: 109,902 miliardi per il 2014; 113,452 per il 2015; 117,563 per il 2016. E anche l’ipotesi di altri 122 per il 2017.
Una promessa anticipata nell’audizione del ministro alla commissione Affari sociali della Camera del 22 gennaio e scritta nero su bianco (almeno fino al 2016) nel primo articolo del nuovo Patto sulla salute che una delegazione della conferenza delle Regioni e il ministero stanno trattando. Anche se c’è tensione tra Salute ed Economia che getta acqua sul fuoco e nel nome della spending cerca di frenare sulla spesa. La prima riunione “operativa” c’è stata la scorsa settimana. E da qui a fine febbraio ce ne sono altre otto in programma – l’ultima il 27 febbraio – per costruire un documento che ha come obiettivo una “spending review interna” al settore e che farà da guida anche alla spending review del commissario Cottarelli i cui tavoli “sanitari” sono in stand by proprio perché la priorità è il Patto. Anche se poi sarà da vedere quale ulteriore passo potrà fare la spending in un settore che promette con la nuova intesa già riforme sostanziali tutte mirate a risparmio, appropriatezza ed equità. Oltre alle cifre sul finanziamento, il primo articolo del Patto chiarisce anche che le risorse liberate con i rispanni previsti dalle azioni che saranno messe in campo dovranno essere riutilizzate per la sanità nelle Regioni, ma solo in quelle che i risparmi li hanno fatti davvero. Una forma di premialità che molte Regioni “virtuose” hanno finora chiesto a gran voce. II secondo capitolo del Patto sarà quello dedicato ai ticket Una questione delicatissima da trattare e che è ancora tutta da scrivere, anche se l’orientamento è di non parlare di revisione, ma di “manutenzione” per rendere più equo il meccanismo attuale che non garantisce un vero e proprio equilibrio a esempio tra chi è esente per patologia e chi lo è per reddito e nemmeno nell’incrocio tra queste due condizioni. Per verificare la possibilità della manutenzione, però, serve una banca dati che permetta di incrociare le varie voci della partita e se questo può essere relativamente perconibile in molte Regioni, ce ne sono altrettante che probabilmente non hanno nemmeno una raccolta di dati completa E su questo fronte potrebbe essere l’asso nella manica il nuovo Isee, appena pubblicato in Gazzetta Ufficiale (la n. 192014) che nasce proprio come strumento mirato a garantire l’equità di accesso ai servizi sociali, “blindato” rispetto al fai-da-te regionale dalla sua nuova natura di Livello essenziale di assistenza. Altro capitolo da analizzare – lo schema segue quello dei documenti messi a punto dai dieci tavoli regionali istituiti prima della scorsa estate – sarà quello dei Lea. La certezza dei fondi, come ha spiegato lo stesso ministero della Salute in un comunicato di fine riunione la scorsa settimana, garantisce l’aggiornamento dei Lea con la definizione della nuova lista entro il prossimo 30 giugno, eliminando quelli obsoleti. Ma da rivedere è anche il meccanismo dei costi standard, da rimodulare rispetto al meccanismo con cui è stato assegnato il fondo 2013, affiancando ulteriori criteri a quelli attuali, per aiutare soprattutto le Regioni in piano di rientro. E per cercare di arginare nuovi deficit che, seppure in calo negli anni, hanno superato dal 2001 in poi i 38 miliardi. Titolo V, si cambia. Un’altra partita si sta aprendo per le Regioni: quella della revisione del Titolo V per evitare la sovrapposizione e il contenzioso legato alle materie concorrenti scritte nella riforma federalista del 2001 e aprire le porte alla Camera delle autonomie, un capitolo forte del progetto renziano per tagliare «un miliardo ai costi della politica», in cui troverebbero le regole quadro sanità, scuola, ambiente, gestione del territorio e così via La Camera non darebbe la fiducia al Governo ma eserciterebbe il potere legislativo nelle materie di competenza, e alle Giunte e ai Consigli regionali sarebbe lasciato il compito di definire le variabili tento-fiati delle politiche nazionali, quando la materia lo consente.
Il Sole 24 Ore sanità – 4 febbraio 2014