Il ministro degli Affari Esteri Emma Bonino è tornato ieri a sensibilizzare i partner europei sulla vicenda dei fucilieri di marina bloccati in India da due anni e in attesa ancora di un capo di imputazione. In occasione di un Consiglio Esteri, l’Italia ha avuto l’inatteso appoggio dell’Estonia, alle prese con un caso simile, nel giorno in cui in India è riaffiorata la possibilità che la magistratura indiana possa incriminare i due soldati sulla base di una legge – quella sull’antiterrorismo – che nel caso di condanna prevede la pena di morte.
«Ho posto la questione in Consiglio», ha spiegato ieri la signora Bonino, «e Catherine Ashton (l’Alto rappresentante per la politica estera Ue, ndr) ha confermato non solo l’interessamento e la giustezza della nostra posizione e della nostra richiesta, ma anche di aver seguito questo dossier da parecchio tempo». Il caso sarà nuovamente sollevato dall’Unione Europea con l’India, in occasione del foro di consultazione di politica estera in programma a New Delhi venerdì prossimo.
La vicenda risale al febbraio 2012. I due soldati italiani sono accusati dalla magistratura indiana di avere ucciso due pescatori indiani durante una missione di pattugliamento anti-pirateria al largo delle coste del Kerala. Sul caso vi sono due versioni discordanti. Secondo le autorità italiane, la vicenda dovrebbe essere gestita secondo le regole del diritto internazionale, mentre agli occhi di New Delhi, siccome l’incidente è avvenuto in acque contigue alle coste indiane, vale la legge indiana.
Diplomatici europei presenti qui a Bruxelles hanno riferito che durante la riunione dei ministri l’unico a intervenire in modo concreto è stato il ministro degli Esteri estone. Urmas Paet ha spiegato ai propri colleghi che anche l’Estonia è alle prese con un caso simile. Quattordici marinai estoni sono in prigione a Chennai dopo essere stati arrestati dalle autorità indiane in ottobre. Erano a bordo della nave anti-pirati Seaman Guard Ohio e sono accusati da New Delhi di trasporto illegale di armi.
«Gli altri paesi non hanno preso particolare posizione», spiegava ieri sera un partecipante alla riunione. L’argomento è delicato. Non solo la vicenda è giuridicamente e politicamente imbrogliata (in India si vota in primavera e il caso dei marò italiani è utilizzato a fini di politica interna); ma c’è anche l’innata cautela dei partner europei nel trattare con un paese che è un gigante economico. Nel frattempo, torna lo spettro della pena di morte sui due marò trattenuti in India.
La stampa indiana ha riferito che New Delhi ha dato via libera alla National Intelligence Agency (Nia), l’organismo che conduce le indagini sul caso, per un’incriminazione secondo il Sua Act, la legge antiterrorismo che prevede in caso di condanna la pena di morte. Secondo l’Indian Times, (la volta scorsa fu l’Industan Times) una fonte della Nia ha precisato che «la questione è pendente presso la Corte Suprema» e che si attende un suo pronunciamento «prima di procedere con l’incriminazione».
Le dichiarazioni sono state rilasciate prima dell’udienza della Corte suprema che proprio ieri ha dato due settimane di tempo all’accusa per arrivare alla formulazione dell’incriminazione. L’inviato italiano per il caso dei due marò, Staffan De Mistura, ha espresso scetticismo riguardo alla notizia. «La Nia ci ha abituati in passato alle voci che fa filtrare tramite la stampa indiana in modo da mettere pressione sulla Corte Suprema e sulla magistratura indiana», ha detto l’ex sottosegretario agli Esteri.
«Noi abbiamo imparato – ha aggiunto De Mistura – a non dare peso alle indiscrezioni di stampa, sia positive che negative ma ci atteniamo solo a quello che dice la Corte». Il tribunale ha chiesto all’accusa di mettere fine alle lungaggini che hanno finora ritardato l’avvio del processo. «Se state tentando di trovare una soluzione, non abbiamo obiezioni. Ma deve trattarsi di un tentativo genuino di risolvere il problema», hanno detto i giudici, secondo l’agenzia di stampa Ians.
Il procuratore generale Goolam Essaji Vahanvati ha assicurato ai giudici, i quali hanno fissato una nuova udienza per il 3 febbraio, che il governo sta «cercando di trovare una soluzione». La diplomazia italiana è consapevole di quanto la vicenda sia intricata, giuridicamente e politicamente. Al di là dei timori per una eventuale condanna a morte dei marò, la Farnesina sta tentando di sensibilizzare i partner europei, sottolineando aspetti oggettivi, come le lungaggini della magistratura indiana.
Il Sole 24 Ore – 21 gennaio 2014