La legge di Stabilità è legge dello Stato. Ieri il governo ha incassato sulla manovra per il 2014 la terza fiducia, quella del Senato, con 167 voti a favore e 110 contro. Il provvedimento, così come cambiato dal Parlamento, vale 14,7 miliardi nel 2014 a fronte degli 11,6 del testo licenziato dal governo. Le coperture ammontano a 12,2 miliardi (erano 8,6) mentre restano a deficit 2,5 miliardi (erano 3).
Il provvedimento determina il prossimo anno un aumento netto delle entrate di 2,1 miliardi (600 milioni nel 2015 e 1,9 miliardi nel 2016).
Sempre ieri la Camera ha votato la fiducia (con 340 sì e 155 no) al decreto «salva Roma». Il voto finale ci sarà venerdì. Il decreto, modificato dalla Camera, dovrà poi tornare al Senato. Intanto la Camera ha soppresso, come chiesto dal M5S e dal segretario del Pd, Matteo Renzi, la norma che avrebbe ridotto i trasferimenti ai Comuni impegnati nella limitazione delle sale per slot machine , definita «un errore» anche dal premier Enrico Letta. Sarà risolta solo dopo Natale, probabilmente con il decreto «milleproroghe», la questione degli «affitti d’oro» dei palazzi istituzionali che ha causato l’ostruzionismo di Lega e M5S. Nonostante la commissione Bilancio della Camera abbia infatti introdotto nuovamente, dopo essere stata cancellata dal Senato, la possibilità di recedere anticipatamente dai contratti di locazione stipulati con i privati, sarà con ogni probabilità il Consiglio dei ministri di venerdì a mettere la parola fine, arginando le conseguenze delle norme di salvaguardia per gli investimenti che hanno per oggetto immobili pubblici che sono rimaste nella legge di Stabilità, e che avrebbero secondo M5S e Lega, l’effetto di «salvare le locazioni della Camera» e dei palazzi delle Istituzioni.
Tornando alla Stabilità, la manovra appare come un cantiere dove i lavori sono ancora in corso. Questo è vero per i due maggiori capitoli ancora da completare: la nuova tassazione sulla casa e il taglio del cuneo fiscale. Ma è corretto anche per la web-tax , nata in mezzo alle critiche, ridimensionata, ma già oggetto di ripensamenti. Per non parlare delle norme che si sta cercando di neutralizzare attraverso decreti successivi, come la norma sull’affitto dei palazzi istituzionali di cui si è detto sopra.
Sulla casa si è passati dalla Trise, prima versione della nuova service-tax contenuta nel testo licenziato del governo, e accolta dalle proteste per la sua complessità, alla Iuc (imposta unica comunale) che in realtà mantiene intatta l’originaria tripartizione tra Imu, che resta sulle seconde case con un’aliquota massima del 10,6 per mille (era 11,6 la vecchia Imu), Tari sulla raccolta dei rifiuti e Tasi sui servizi indivisibili. Quest’ultima è già in fase di cambiamento: in un prossimo decreto l’aliquota massima dovrebbe salire dal 2,5 per mille al 3,5 (resta all’un per mille l’aliquota più bassa) per consentire ai Comuni di ripristinare detrazioni quasi simili a quelle che c’erano per la vecchia Imu e che la legge di Stabilità ora si limita a prevedere in 500 milioni, ritenuti insufficienti dai Comuni. Ma il pasticcio della casa non finisce qui: la Stabilità ha dovuto rinviare dal 16 al 24 gennaio il pagamento di una quota della vecchia Imu sulla prima casa (il 40% della differenza tra la maggiore aliquota imposta dal Comune e quella standard). Si tratta di una coda della seconda rata del 2013, ripristinata con il decreto Imu-Bankitalia.
L’altro cantiere aperto è quello del lavoro. Le parti sociali avevano chiesto un taglio importante del cuneo fiscale. Hanno ottenuto un primo taglio (con maggiori effetti per i lavoratori tra i 15 mila e i 28 mila euro e benefici seppur ridotti anche per gli scaglioni fra 28 mila e 55 mila) e la creazione di un fondo ad hoc alimentato dalle risorse della spending review e della lotta all’evasione, al netto delle spese per l’equità sociale e di quelle improrogabili. Formula, quest’ultima, che ha fatto infuriare gli industriali che vi hanno visto uno svuotamento del fondo appena nato. Versione ieri rintuzzata dal premier nella conferenza stampa di fine anno. Sul lavoro ieri il governo ha trasmesso alla Commissione europea la nuova versione del Piano Italiano per la Garanzia Giovani.
Sarà rivista probabilmente anche la web-tax che nella versione finale impone alle multinazionali del web di avere una partita Iva italiana solo per vendere pubblicità. Non è passata invece la nuova versione della Tobin tax, la tassa sulle transazioni finanziarie, che puntava a allargare la platea a tutti i titoli (esclusi quelli non speculativi come i titoli di Stato) e a abbassare l’aliquota allo 0,01%. Non c’è traccia nella Stabilità delle misure per agevolare il rientro dei capitali dall’estero mentre è prevista una sanatoria delle cartelle esattoriali e dei contenziosi sui canoni demaniali marittimi.
Antonella Baccaro – Corriere della Sera – 24 dicembre 2013