Per gli Italiani il momento della busta paga è diventato un vero incubo. E non c’è fine del mese in cui ciascun dipendente si faccia almeno un paio di domande: perché la retribuzione lorda è tanto ricca rispetto al netto che mi viene in tasca? Dove finiscono tutti quei quattrini?
I quesiti in effetti non sono fuori luogo. Secondo gli ultimi dati Eurostat il costo medio di un’ora di lavoro nel nostro paese è di 28 euro circa ma la retribuzione oraria reale, diciamo il netto, scende vertiginosamente a poco più di 19 euro. Un terzo dello stipendio, quindi, viene trattenuto a monte: si tratta di contributi e altri costi non salariali pagati dal datore di lavoro. Tutto questo porta l’Italia ad essere il fanalino di coda, almeno tra i big europei, sia per quanto riguarda le retribuzioni che per i contributi pagati. E le tasse sul lavoro – il cosiddetto cuneo fiscale – non finiscono qui: fuori dalla busta paga datore e lavoratore contribuiscono ulteriormente con prelievi sul reddito e contributi sociali in maniera così ingente da risultare al secondo posto in Europa nella classifica dei Paesi più tartassati per oneri fiscali e contributivi sul lavoro. Secondo i dati Ocse 2011 il cuneo in Italia ha toccato il 53,5% , secondo solo al Belgio (55,5%).
Il costo del lavoro in Europa
Tornando alle statistiche Eurostat, i cui dati fanno riferimento alle imprese con più di dieci dipendenti nei settori dell’economia di mercato eccetto l’agricoltura e la pubblica amministrazione, è possibile anche il confronto con gli altri paesi: nel 2012 (ultimo dato disponibile) il costo orario nell’Ue a 27 era di 23,4 euro mentre nella Ue a 17 era pari a 28 euro. La media cela notevoli differenze: si va infatti dalla Bulgaria dove il costo orario è di 3,7 euro fino ai 39 euro/ora della Svezia passando per la Francia (34,2 euro), Paesi Bassi (32 euro), Germania (30 euro), Regno Unito (22 euro).
Qual è la vera retribuzione?
“Il costo del lavoro orario – spiega Francesca Fazio, ricercatrice Adapt (centro studi internazionali Marco Biagi) – non ci dice però qual è la vera retribuzione per i lavoratori proprio a causa del diverso peso esercitato dai costi non salariali, contributi e tasse a carico del datore. Anche in questo caso si registrano notevoli differenze fra i Paesi con quote di costi non salariali che variano da circa l’8% per Malta a quasi il 34% per la Francia. In Italia la quota di costo del lavoro orario derivante da contributi e tasse si avvicina al 28%. Si tratta del cuneo in busta paga più alto dopo Francia e Svezia, che comunque colmano lo svantaggio con retribuzioni orarie più alte”.
Eldorado Danimarca
Tra i paesi presi in considerazione da Eurostat la Danimarca risulta l’Eldorado delle retribuzioni. Al netto, per semplificare, al lavoratore arrivano in busta paga 33,3 euro mentre i contributi pagati dal datore ammontano a poco meno di 5. “Siamo di fronte a una nazione virtuosa che ha messo a punto un sistema di politiche attive del lavoro molto forti ed efficienti. La flexsecurity consente di ridurre al minimo gli impatti onerosi della disoccupazione”, continua Fazio. E nella vicina Francia? “In questo caso i contributi pagati dal datore sono piuttosto alti (11,5 euro/ora) ma lo è anche il netto che percepisce il lavoratore, quasi 23 euro. Qui la produttività oraria è cresciuta negli ultimi dieci anni, grazie a forti investimenti sull’innovazione, la ricerca e lo sviluppo. La stessa cosa vale per la Germania dove la retribuzione oraria arriva a quasi 24 euro (mentre i costi a carico del datore sono poco meno di 7 euro)”.
Il Sole 24 Ore – 19 dicembre 2013