Via libera alla nuova fase con 379 sì e 212 no alla Camera, e 173 sì e 127 no al Senato «Populisti e antieuropei non votino il governo»
«Oggi vorrei che tracciassimo una linea netta. Di qua chi ama l’Europa, vuole riformarla ma è consapevole che senza Unione europea rimpiombiamo nel Medioevo. Di là chi vuole bloccare l’Europa, chi si scaglia contro i suoi limiti per speculare sul malessere causato dalla crisi. È una linea di demarcazione netta e senza sfumature. Chiedo il mandato per costruire un’Europa migliore. Chi vuole invece isolare l’Italia non voti la fiducia al mio governo, chi vuole cavalcare il populismo in chiave antieuropea non voti la fiducia al mio governo». E qui Enrico Letta calca l’accento sul “non”.
Il discorso alla Camera per la nuova fiducia al suo governo parte da una chiara condanna delle forze politiche che cavalcano irresponsabilmente la protesta sociale e addirittura incitano alla violenza. Il Movimento 5 stelle di Grillo, innanzitutto, verso il quale i toni del premier sono insolitamente accesi e bellicosi (nella replica Letta accusa duramente il grillino Riccardo Nuti di aver riproposto nel suo intervento la gogna contro i giornalisti annunciata da Grillo). Ma anche la deriva populista che sembra aver preso la rediviva Fi di Berlusconi. Proprio con l’uscita del Cavaliere dalla maggioranza – decisione che ha provocato la scissione del centrodestra, ossia «l’avvenimento politico principale di questi 20 anni» – il quadro si è chiarito ed ora c’è una nuova generazione in campo che può finalmente archiviare un ventennio di berlusconismo e antiberlusconismo e lavorare a quei progetti di riforma necessari al Paese, a cominciare dal quadro istituzionale e da una legge elettorale finalmente europea.
Una fiducia per un «nuovo inizio», dunque. Il premier conferma lo schema del patto alla “tedesca” da siglare dopo il via libera alla Legge di stablità, a gennaio, e lo battezza “Impegno 2014”. Ma in nessun caso, avverte Letta a scanso di equivoci, il patto di gennaio potrà rimettere in discussione il voto di fiducia celebrato ieri (379 sì e 212 no alla Camera, 173 sì e 127 no al Senato). L’arco temporale a cui fa riferimento Letta è quello di 18 mesi, e al centro ci sono le riforme costituzionali da fare con la normale procedura dell’artitolo 138: riduzione del numero dei parlamentari, cancellazione delle Province, fine del bicameralismo perfetto con un’unica Camera che dia la fiducia e faccia le leggi, riforma del Titolo V per mettere ordine tra le compentenze di Stato e Regioni. Quanto alla legge elettorale, Letta si limita a ribadire gli obiettivi, «meccanismo maggioritario» e «legame più diretto possibile tra elettori ed eletti». Né il premier dimentica lo stop al finanziamento pubblico ai partiti: il Ddl governativo è stato approvato dalla Camera e si è poi impantanato al Senato, e se la situazione non si dovesse sbloccare – fa capire Letta – il governo interverrà con decreto.
Novità anche sul fronte economico. Letta ricorda che gli indicatori confermano come finalmente, nel trimestre in corso, ci sarà il segno più davanti al Pil. Ma anche che bisogna continuare a ridurre l’enorme debito pubblico, e «non perché lo chiede l’Europa, ma perché ogni anno l’Italia butta 90 miliardi di interessi». Il premier promette poi una riforma degli ammortizzatori sociali che metta al centro il lavoratore e non più il posto di lavoro (un punto, questo, condiviso con Renzi) e conferma che le risorse recuperate con la revisione della spesa pubblica saranno automaticamente destinate all’abbattimento del costo del lavoro così come richiesto dalle parti sociali. Letta conferma poi quelle “sorprese” promesse alla vigilia della fiducia e anticipate ieri dal Sole 24 Ore: domani il Cdm (convocato ieri sera un secondo dopo la fiducia, rimarcano a Palazzo chigi) dichiarerà il piano per incentivare gli investimenti esteri (Destinazione Italia), che oltre a un credito di imposta per la ricerca e a fondi per la digitalizzazione delle Pmi prevederà una riduzione dei costi dell’energia con un alleggerimento delle bollette da 600 milioni (si veda l’articolo a pagina 2). Previsto anche un primo test di coinvolgimento dei lavoratori nell’azionariato di società pubbliche: «Studieremo con i vertici di alcune aziende e con i sindacati – annuncia Letta – l’apertura del capitale e la partecipazione dei lavoratori all’azionariato, permettendo loro rappresentanza negli organi societari». Il premier promette infine che istruzione e ricerca avranno priorità e, rispondendo anche ai dubbi di Renzi, conferma di ritenere essenziali le privatizzazioni per abbattere il debito e per consentire al capitale privato di contribuire alla ripresa.
Renzi non ha voluto commentare pubblicamente, ma è apparso soddisfatto del discorso del premier: i principali temi toccati sono proprio quelli esaminati e concordati, fanno notare i suoi. Letta, da parte sua, si batterà «come un leone» per non far «precitare il Paese nel caos». La strada del 2014, per ora, è segnata.