La riforma Fornero, nel suo primo anno di applicazione, il 2012, ha ridotto fortemente il numero delle nuove pensioni, ma l’importo delle stesse, in particolare quelle di anzianità, è molto consistente, a dimostrazione della generosità insita nel vecchio metodo di calcolo retributivo. Vediamo i numeri contenuti nel Bilancio sociale dell’Inps presentato l’altro ieri.
Nel 2012 sono state liquidate quasi 630 mila nuove pensioni (vecchiaia, anzianità, reversibilità) contro le 680 mila del 2011, con un calo del 7,4%, e un taglio della spesa annua del 7,7%, da 10 a 9,3 miliardi. Per la precisione: 336.330 le pensioni liquidate ai dipendenti privati, 129.232 ai dipendenti pubblici, 143.241 ai lavoratori autonomi e 20.971 ai parasubordinati.
Il calo è stato molto forte sulle pensioni di anzianità dove, per effetto della riforma, non bastano più 35 anni di contributi ma ce ne vogliono circa 42. Questo tipo di pensioni è sceso da 218.585 nel 2011 a 172.561 nel 2012, il 21% in meno per un risparmio di spesa del 17,5% (un miliardo in meno). Sono calate invece del 7% quelle di vecchiaia (circa 156 mila quelle liquidate nel 2012, ma qui la spesa è aumentata dell’1,3%) mentre sono aumentate dell’1,8% quelle di reversibilità (240 mila l’anno scorso) e del 5,1% la spesa. Guardiamo ora gli importi medi di queste nuove pensioni.
Gli assegni di anzianità liquidati ai dipendenti privati sono stati in media di 1.997 euro, quelli dei dipendenti pubblici di 2.535 euro e quelli dei lavoratori autonomi di 1.300 euro, per una spesa totale di 4,6 miliardi, la metà di quanto si è speso per tutte le nuove pensioni dello scorso anno.
Chi nel 2012 è andato in pensione di anzianità aveva in media un’età di 59-60 anni e 39-40 anni di contributi. Certamente ha lavorato a lungo ma, grazie al calcolo retributivo, ha portato a casa assegni consistenti che saranno pagati per i prossimi 25-30 anni, con i contributi dei lavoratori attivi (perché il sistema è a ripartizione).
Vediamo adesso le pensioni di vecchiaia liquidate nel 2012, per una spesa di 1,8 miliardi (2 volte e mezzo meno di quanto speso per le anzianità). Qui ovviamente l’età media sale: 62 anni e mezzo per i dipendenti privati e 64 e mezzo per i pubblici e gli autonomi. Ma i contributi versati scendono: mediamente 24 anni e mezzo per i dipendenti privati, 35 per quelli pubblici e 27 per i lavoratori autonomi. Gli importi vanno da 802 euro in media per i dipendenti privati ai 2.263 euro di quelli pubblici, passando per i 642 euro degli autonomi.
Da non trascurare infine le pensioni di reversibilità (al coniuge ed eventuali figli a carico del defunto): ne sono state liquidate 240 mila per una spesa di oltre 2 miliardi (più di quanto speso per le pensioni di vecchiaia) e un importo variabile da 471 euro (autonomi) a mille euro (dipendenti pubblici) al mese.
Tutti i nuovi assegni sono stati liquidati col sistema retributivo o misto. Il meno vantaggioso metodo di calcolo contributivo (pensione commisurata ai versamenti di tutta la vita lavorativa) si applica infatti integralmente solo a chi ha cominciato a lavorare dopo il 1995. Secondo le stime dello stesso Inps, nel 2060 ancora il 60% delle pensioni verrà liquidato col calcolo retributivo o misto e solo il 40% col contributivo pu ro .
Enrico Marro – Corriere della Sera – 7 dicembre 2013