La reazione di Ferrua: ha sbagliato, l’industria alimentare italiana persegue obiettivi di eccellenza nella scelta delle materie prime
Mozzarelle tedesche destinate alla Sicilia, latte polacco diretto a Brescia, cagliate industriali per formaggi provenienti dal Belgio e indirizzate a Verona, prosciutti partiti dalla Germania e pronti per essere consegnati a Modena. E ancora piante olandesi dirette a Latina, fiori prodotti in Equador, transitati in Olanda e con destinazione Veneto e Toscana, patate tedesche per il mercato ortofrutticolo della Sicilia. Questo e altro hanno trovato le sentinelle della Coldiretti, mobilitate da ieri all’alba, al valico del Brennero, per fermare e smascherare il falso Made in Italy pronto a sbarcare sulle tavole italiane. La “battaglia di Natale” l’hanno chiamata, incassando solidarietà trasversale dalle diverse forze politiche, in testa il ministro delle Politiche agricole e forestali Nunzia De Girolamo.
Una presenza che ha “sconcertato” Confindustria: «Il ministro ha dimostrato di non tenere in debita considerazione le disposizioni Ue che regolano l’originalità dei prodotti agroalimentari. Utilizzare i mezzi di informazione per travisare le indicazioni espresse dalla legge europea in materia di Made in significa ingannare i cittadini – sottolinea l’associazione degli industriali –. Al momento vi è una distanza incolmabile, e incomprensibile, tra quanto espresso e sottoscritto dal nostro Paese a Bruxelles e quanto il ministro intende far percepire. Per regola comunitaria e accordi internazionali non sono accettabili soluzioni protezionistiche».
La questione ruota intorno all’informazione e alla sicurezza per i consumatori. Secondo il dossier Coldiretti, solo nell’ultimo anno sono scomparse 32.500 stalle e aziende agricole ( quasi 140mila da inizio crisi) e si sono persi 36mila occupati nelle campagne. Oggi l’Italia, anche a causa delle importazioni – sottolinea l’associazione – produce il 70% dei prodotti alimentari che consuma e importa il 40% di latte e carne, il 50% del grano tenero destinato al pane, il 40% del grano duro destinato alla pasta, il 20% del mais e l’80% della soia; in totale contiene materie prime straniere circa un terzo dei prodotti agroalimentari venduti in Italia ed esportati. Per il presidente di Federalimentare, Filippo Ferrua, l’iniziativa Coldiretti «è ambigua e porta avanti una visione di tutela del Made in Italy protezionistica e pericolosa. L’industria alimentare italiana è rispettosa della legge europea, non inganna i consumatori e persegue obiettivi di eccellenza nella scelta delle materie prime: con 132 miliardi di fatturato, quasi 400mila dipendenti, pur assorbendo oltre il 70% dei prodotti agricoli nazionali, il settore è strutturalmente obbligato a importare materie prime agricole a integrazione di una produzione nazionale largamente insufficiente. Il Made in Italy non è fatto solo di prodotti 100% italiani, il suo valore aggiunto è fatto per la gran parte di trasformazione, secondo ricette, tradizioni, competenza e conoscenza italiane».
Nel mirino degli allevatori sono finite ieri anche aziende come Parmacotto, leader nel settore dei salumi. Il falso Made in Italy «non riguarda la filiera delle carni bianche e uova, autosufficiente al 100% – ha detto Aldo Muraro, presidente di UnaItalia, che raggruppa il 90% delle aziende del settore –. Tutto il prodotto avicolo è nazionale al 99%, ma anche quello che dovesse venire dall’estero ha le stesse garanzie perché i controlli sono gli stessi in Europa e in Italia». La mobilitazione dal Brennero è proseguita per tutta la notte e continuerà anche oggi.
Il Sole 24 Ore – 5 dicembre 2013