La procura della Corte dei conti ha piena autonomia nelle indagini sul danno erariale, potendosi muovere anche nel campo dei contributi e dei finanziamenti europei «diretti», cioè quelli che non passano dal bilancio degli Stati o degli enti locali affluendo direttamente nelle casse dei beneficiari.
Le Sezioni Unite civili (sentenza 26935/13, depositata ieri) ribadiscono e consolidano la “linea dura” nei confronti degli autori di truffe finalizzate a incamerare i fondi messi a disposizione alla Commissione europea. L’indagine su cui si innesta il richiamo – è proprio il caso di dire – della Cassazione riguarda, peraltro, un’inchiesta penale della procura di Milano, terminata con un rinvio a giudizio per associazione a delinquere e, qualche tempo prima, con il patteggiamento di un altro imputato. Parallelamente all’iniziativa giudiziaria, la Procura regionale della Corte dei conti aveva aperto un procedimento per la restituzione, complessivamente, di circa un milione di euro a carico di due amministratori di società di ricerca tecnologica “internazionale”, assodato che i fondi erano stati distratti dalla causale d’origine.
Contro l’iniziativa della Procura erariale la difesa dei due incolpati ha impugnato direttamente in Cassazione per il regolamento di giurisdizione, sostenendo il difetto assoluto di potere del giudice italiano o, in subordine, l’esistenza di giurisdizione del giudice ordinario ma comunque a esclusione di quella erariale.
Le Sezioni Unite hanno però bocciato tutti i motivi di ricorso sollevati, ricordando che la giurisprudenza ha già da tempo allargato i canoni interpretativi delle leggi in materia, a cominciare dall’ammissibilità del danno “obliquo”, quello cioè prodotto dal colpevole a un’amministrazione diversa da quella di appartenenza. Secondo un orientamento consolidato (Cassazione sezioni unite 19815/08) lo spostamento del baricentro «della punibilità dalla qualità del soggetto all’evento dannoso, alla natura del danno e degli scopi perseguiti» apre di fatto una perseguibilità a largo raggio per le toghe erariali. Anche perché la giurisdizione della Corte dei conti non è sostitutiva rispetto ai rapporti civili, amministrativi e disciplinari «che possono intercorrere tra i soggetti passivi dell’azione penale e i soggetti danneggiati». Ancora, il Procuratore generale della Corte dei conti «rappresenta un interesse direttamente riconducibile al rispetto dell’ordinamento giuridico nei suoi aspetti essenziali e indifferenziati». La questione, osservata da un punto di vista della legge europea, neppure si pone: l’articolo 274 del Trattato prevede una riserva di giurisdizione alla Corte di giustizia Ue per le questioni di competenza, lasciando però tutto il resto «non sottratto alla competenza delle giurisdizioni nazionali».
Quanto alla clausola compromissioria indicata dall’articolo 272 del Trattato – invocata dalla difesa – «detta competenza costituisce una deroga rispetto al diritto ordinario e va interpretata restrittivamente nel senso di attribuire alla Corte di giustizia la cognizione soltanto delle domande che derivano da un contratto stipulato dalla comunità (contenente la clausola) o che siano in relazione diretta con le obbligazioni derivanti dal contratto».
Il Sole 24 Ore – 3 dicembre 2013