di Roberto Giovannini. In queste ore, in una sorta di «partita doppia», l’intreccio tra politica e assenza di risorse sta creando forti tensioni su due versanti: la legge di Stabilità, e il decreto sulla seconda rata dell’Imu. Nel primo caso i tempi stanno allungandosi, la manovra cresce come impatto di 1-1,5 miliardi, e il ricorso al voto di fiducia (con annessa uscita dalla maggioranza di Forza Italia) si avvicina.
Sul secondo tema, continuano a mancare all’appello le coperture finanziarie per soddisfare tutte le esigenze. E si aprono due rischi: uno, che grazie all’ennesima «clausola di salvaguardia» nel 2015 ci sia un rincaro delle accise sulla benzina. Due, che se il nostro Comune aveva aumentato l’aliquota Imu tra 2012 e 2013, tocchi a noi versare comunque la differenza.
Non c’era ragione perché la legge di Stabilità di quest’anno sfuggisse alla sorte di tutte le Finanziarie. Sulle scelte economiche e sociali si cristallizzano prima e si inveleniscono poi i problemi politici. A maggior ragione quando tutti i partiti, vecchi o nuovissimi, avrebbe tanto bisogno di fare mosse popolari. Ma anche stavolta l’opzione del deficit e del debito (la tipica italian way per prendere voti) è totalmente preclusa dalle regole europee. Gli «ayatollah del rigore» contro cui ieri si è scagliato il premier Letta.
Il combinato disposto di questa situazione è che sulla legge di Stabilità stanno uscendo con fatica gli emendamenti dei relatori e del governo. La novità dovrebbe essere un incremento di 1-1,3 miliardi che il governo metterebbe in più sulla manovra, tagliando i contratti di leasing ma anche aumentando qualche entrata. Con questi soldi si potrebbe rimpolpare le risorse per alleggerire la service tax (l’idea è che si paghi meno, tra Imu e Tarsu, del 2012, con detrazioni e un tetto per le aliquote che i Comuni potranno applicare) e rendere più visibile il bonus fiscale (che potrebbe riguardare solo i redditi annui fino a 30.000 euro l’anno). Tra le modifiche, l’aumento del Fondo taglia tasse di 602 milioni nel biennio 2014-2015. Tra i tagli, quelli imposti alle Authority, che dovranno risparmiare il 10%. Ma il cuore del provvedimento, vale a dire il cuneo fiscale e le nuove imposte sulla casa non sono state ancora trattate in Commissione, benché siano state al centro di incontri tra il governo, i relatori (Giorgio Santini del Pd e Antonio D’Alì di Ncd) e la maggioranza. In nottata ulteriori incontri dovrebbero portare alla soluzione e a emendamenti. Intanto Forza Italia ha polemizzato verbalmente con il governo per tutta la giornata, mentre in commissione Bilancio i suoi quattro rappresentanti hanno qualche volta votato in maniera diversa dalla maggioranza, senza però giungere a una rottura vera e propria.
Sulla seconda rata Imu, tra le coperture per la cancellazione, c’è l’aumento al 128% per il 2013 (e al 127% nel 2014) dell’acconto Ires per banche e assicurazioni, e dal 100% al 101% per le società, oltre all’aumento delle accise su carburanti a partire dal 2015. Ma dal braccio di ferro tra governo e Comuni potrebbero finir male i contribuenti, chiamati a mettere di tasca loro la differenza se i sindaci hanno aumentato l’aliquota tra 2012 e 2013.
La Stampa – 23 novembre 2013