Conclusa l’inchiesta partita un anno fa sul rimborso facile di un milione e 850 mila euro: oltre ai vertici, 40 consiglieri dovrebbero essere rinviati a giudizio
Anche il presidente della Regione Piemonte Roberto Cota e il presidente del consiglio regionale Valerio Cattaneo sono tra i 40 politici che devono aspettarsi di ricevere, alla fine della prossima settimana, l’avviso di conclusione indagini per le spese “pazze” considerate illegittime dalla procura. Cene al ristorante, viaggi, hotel, borse griffate, lingerie, tv, tagliaerba ed elettrodomestici: scoperchiato il pentolone dei rimborsi regionali, era emerso un po’ di tutto, persino calze e mutande, il solarium e la colf, inserite in note spesa a fine mese dai vari consiglieri regionali. L’inchiesta della Procura di Torino partita nel 2012 che aveva inizialmente portato a iscrivere nel registro degli indagati con l’accusa di peculato ben 56 consiglieri piemontesi su 60 per scontrini folli da 1 milione e 850 mila euro, è infatti ormai formalmente conclusa: dopo aver vagliato migliaia di note spese, aver controllato le giustificazioni fornite o le memorie depositate, il cerchio ora si stringe definitivamente su coloro che hanno speso in maniera ingiustificata – o ingiustificabile – quasi due milioni di euro di denaro pubblico utilizzati invece per scopi personali.
Il governatore: mai infranta la legge
Sarebbero circa una quarantina, ovvero i due terzi dei consiglieri, coloro che dovrebbero ricevere il famoso “415 bis”, l’atto cioè con cui si avvisa l’indagato che le indagini sono ormai concluse e per i quali la procura si appresta a chiedere il rinvio a giudizio. E’ insomma questa l’ultima possibilità, anche per i vertici del governo piemontese, per offrire spiegazioni nel dettaglio sull’uso del denaro pubblico prima di finire a processo davanti al giudice: spiegazioni però che devono andare ben al di là delle mere indicazioni “spese di rappresentanza” o “finalità istituzionale” che tanto sono state utilizzate durante i precedenti interrogatori e che poco hanno soddisfatto i sostituti procuratori Enrica Gabetta e Giancarlo Avenati Bassi, coordinati dall’aggiunto Andrea Beconi. Dai controlli svolti “a campione” sulle cene al ristorante o i regali rimborsati, sarebbero anche emerse parecchie bugie raccontate per coprire invano le proprie spese: le verifiche dei tabulati telefonici avrebbero ufficialmente smentito una decina di consiglieri.
Oltre a Cota e a Cattaneo, dovrebbe dunque, secondo indiscrezioni giunte da ambienti vicini alla procura, restare sotto inchiesta quasi tutta la maggioranza. Tutti, o quasi, cioè, i componenti del Pdl, e tutti i consiglieri della Lega. Coloro che, insomma, dovevano già rispondere delle cifre più alte: da giugno 2010 a dicembre 2012 i 22 consiglieri del Pdl avevano ad esempio accumulato, secondo l’accusa, 760 mila euro di rimborsi. Gli undici consiglieri della Lega avevano totalizzato spese per 280 mila euro e 500. Il moderato Dell’Utri aveva avuto la contestazione più alta: 210 mila euro da solo. Il lavoro dei magistrati negli ultimi mesi si è dovuto concentrare, sulla base delle spiegazioni fornite o meno, cosa rientrasse sotto il cappello della “pertinenza” politica.
Un lavoro non semplice che porterà senz’altro a quantificare in misura anche minore le spese considerate “pazze”. Molto si deduce anche dalle scelte difensive fatte nei mesi scorsi. La linea dura del centro destra di non presentarsi agli interrogatori, portata avanti in prima linea dall’avvocato di Cota e della Lega, Domenico Aiello, non sembra al momento aver sicuramente premiato i suoi assistiti. Vero è che sia il presidente della Regione Cota che quello del consiglio Cattaneo erano comparsi in procura per rispondere alle domande dei pm. Ma le giustificazioni fornite non erano fin da subito apparse esaurienti. In questi mesi di indagini, in ogni caso, c’è infatti anche qualcuno che è riuscito a salvarsi, fornendo spiegazioni che sono apparse credibili. Si dovrebbe infatti “salvare” quasi tutto il Pd (a cui erano contestati meno di 50 mila euro), e i due componenti dei 5 Stelle: Davide Bono e l’ormai ex grillino Fabrizio Biolè.