Un passo dopo l’altro, l’ultima incarnazione di Berlusconi leader politico è quella di un capo-popolo isolato ma non domo. Un personaggio che si affida al linguaggio tipico di una campagna elettorale permanente e si prepara all’ultima battaglia. Se non saranno le elezioni anticipate per il Parlamento, sarà il voto europeo della prossima primavera.
E in effetti quest’ultimo passaggio sta diventando lo sfondo di una partita politica importante, più di quanto non sia mai stata nel recente passato. A suo modo Berlusconi lo ha capito prima e meglio degli altri. Sistema proporzionale, voto “in libertà” dei cittadini dell’Unione. Il terreno ideale per i colpi di scena, considerando che l’Europa “matrigna” non suscita alcun entusiasmo, tanto meno in tempi di stagnazione.
Forza Italia è e resta lo strumento berlusconiano per eccellenza. Una bandiera che sarà usata per dimostrare fino a che punto il vecchio leader ha ancora l’appoggio dell’opinione pubblica, senza nemmeno bisogno di essere candidato in prima persona. Se si andrà in scena sul palcoscenico europeo, la campagna è già fatta: all’insegna del riflesso nazionalista anti-Bruxelles e anti-Merkel, contro l’austerità e le tasse. Beppe Grillo avrà di che preoccuparsi, dal momento che finora nessuno minacciava il suo spazio e da domani invece l’insidia si delinea corposa, proveniente dall’uomo che senza dubbio è stato il più efficace populista degli ultimi decenni.
Nell’intervista di ieri alla “Stampa” il presidente del Consiglio Letta esprimeva proprio questo timore: che in primavera il Parlamento europeo sia invaso dai populisti di ogni nazione, tutti uniti dalla diffidenza, o meglio dall’aperta ostilità verso le istituzioni e le politiche comunitarie. Letta collocava la soglia-limite, oltre la quale il pericolo di paralisi sarà reale, nel 25 per cento raccolto in media dalle forze euroscettiche. Dalle sue parole si capiva benissimo che non sono tanto Marine Le Pen o Nigel Farage a preoccuparlo, quanto Grillo e soprattutto Berlusconi. Perché è vero che i due si toglieranno voti l’un l’altro agitando l’anti-europeismo, ma è altrettanto vero che alla fine la somma dei consensi raccolti dai Cinque Stelle e da Forza Italia in un’elezione proporzionale potrebbe essere di parecchio superiore al fatidico 25 per cento.
Ora, che Letta sia preoccupato per le sorti dell’Unione non deve meravigliare. Ma forse ciò che lo angustia realmente è la sorte del suo governo oggi e nell’immediato futuro. Berlusconi può anche prepararsi a far concorrenza a Grillo in Italia e alla Le Pen oltre le Alpi, ma quel che conta è la sopravvivenza della maggioranza dopo l’inevitabile voto del Senato sulla decadenza.
È questione di poco ormai e non ci sono dubbi sul fatto che presto il leader di Forza Italia sarà un ex senatore proteso a prendersi una rivincita sui vari “palazzi” giudiziari e politici. La rivincita verrà nelle sue intenzioni dal consenso popolare, nei termini che abbiamo visto. Ma di qui ai prossimi mesi come sarà mai possibile la convivenza all’interno di Forza Italia fra lealisti e “governativi”? La risposta è che non sarà possibile, se non al prezzo della rinuncia alle posizioni moderate ed europeiste da parte di Alfano e degli altri. Berlusconi è già pronto a giocarsi la partita con le sue regole, gli altri dovranno decidere in fretta il da farsi. Gli spazi si riducono di giorno in giorno per i Quagliariello, i Cicchitto, i Lupi. Ma non si riduce lo spazio di una forza che voglia opporsi alla deriva in atto.
Il Sole 24 Ore – 2 novembre 2013