E’ finalmente completo l’iter per l’avvio formale dei 164 ambulatori h24 (una decina sono già operativi) previsti dal nuovo Piano sociosanitario. Saranno almeno tre per ciascuno dei 53 Distretti, come dispone la delibera regionale del 18 gennaio 2011, che contempla una spesa di 25 milioni dal 2012 al 2015.
Ieri la giunta Zaia ha approvato i provvedimenti finali, a supporto dell’accordo firmato lo scorso primo luglio con i medici di base. Il primo assegna per l’informatizzazione del sistema 230 euro lordi al mese a ciascuno dei 3395 dottori di famiglia e pediatri di libera scelta del Veneto e corrisponde loro altre risorse datate 2010 e dovute in rispetto all’accordo nazionale. Si tratta di 0,81 euro a paziente all’anno. Il secondo licenziato è il contratto di esercizio per le «Medicine integrate di gruppo», ovvero le aggregazioni tra medici di famiglia allargate a specialisti e dotate di personale infermieristico e amministrativo che riceveranno appunto i pazienti dalle 8 alle 20, per poi cedere il passo nelle successive dodici ore alle 700 Guardie mediche. Il contratto riguarda i servizi da erogare, l’organizzazione del lavoro e i tempi. Questa seconda delibera passa ora in commissione Sanità, per il parere obbligatorio, e poi tornerà in giunta.
«E’ un passo importante, che serve a ristorare i colleghi dei costi anticipati per l’informatizzazione — dice Domenico Crisarà, vicepresidente regionale della Fimmg (il sindacato di categoria) — ma la riforma nella sua interezza costa 100 milioni, da destinare a strutture, personale e attrezzatture». E su questo punto il Pd è scettico. «Sulla riorganizzazione del territorio c’è buio pesto — dice Claudio Sinigaglia, vicepresindente della commissione Sanità — non si sa dove, quando e come saranno attivati i 1263 posti letto in aggiunta agli attuali 1775, ovvero ospedali di comunità, hospice e strutture intermedie, destinati ad accogliere cronici, anziani, lungodegenti, pazienti bisognosi di riabilitazione. Sono stati tagliati una serie di primariati strategici sul territorio: quelli dell’area infanzia e adolescenza e delle cure palliative, ora presenti solo in 9 Usl su 21, quelli di Psichiatria, scesi da 40 a 26, e di farmacia territoriale, mantenuti in sole 5 aziende. Non esistono invece le apicalità in Disabilità e non autosufficienza». «Non ci sono i soldi per attivare i letti territoriali — aggiunge Lucio Tiozzo, capogruppo del Pd in Regione — lo hanno detto chiaro e tondo alcuni direttori generali alle Conferenze dei sindaci, visto che sono questi i due soggetti deputati dalle schede a individuarli. In compenso sono aumentati di 15 i primariati ospedalieri, passati da 754 a 769, e sono cresciute da 130 a 160 le Unità semplici dipartimentali, guidate dai “primarietti”. Non si era detto di ridimensionare l’area ospedaliera a favore di quella territoriale? E come si fa a tagliare 1227 letti in corsia se non c’è l’alternativa assistenziale per i malati?». «Tra due anni si dovrà rimettere mano alle schede ospedaliere — riflette il consigliere Gianpiero Marchese — per operare quelle scelte che ora la maggioranza non ha avuto il coraggio di fare».
In effetti, rivelano alcuni dg, ogni polo territoriale da 24/25 posti costerà a un’Usl 1,5 milioni all’anno in gestione, che al momento non ci sono. Bisognerà recuperarli dalla razionalizzazione dei costi. «Sarà un passaggio graduale — spiegano — che la Regione dovrà supportare con risorse finanziarie e lo sblocco delle assunzioni. Alcuni posti si ricaveranno nelle case di riposo, altri li pagheremo recuperando le spese sostenute per coprire i costi delle cure prestate da altre aziende ai nostri assistiti e ricevendo più persone dal resto d’Italia». E infatti per i pazienti di fuori regione le schede mettono a disposizione 600 letti nel pubblico e 600 nel privato. «Ulteriori fondi deriveranno dalle apicalità tolte sul territorio, che non significa creare disfunzioni ma sburocratizzare — chiarisce l’assessore alla Sanità, Luca Coletto —. Inoltre ogni letto dismesso in ospedale, che costa 700 euro al giorno, servirà a finanziarne quattro sul territorio, da creare in nosocomi riconvertiti e altri presidi esistenti. Mica dobbiamo costruirne di nuovi. Quando avremo il quadro generale con tutte le proposte di Conferenze dei sindaci e dg, traccieremo il piano finanziario del territorio». Intanto da Roma arrivano 200 milioni, «congelati» fino alla certificazione dei conti 2011, risultati in ordine.
Michela Nicolussi Moro – Corriere del Veneto – 4 ottobre 2013