Tre amici hanno ripreso ad allevare l’animale da cortile scomparso negli anni ’40: «Questa è carne genuina». I titolari dell’azienda Le Bellette: «Da piccolo pollaio siamo passati a mille capi ma non diventeremo mai un allevamento industriale»
Ce n’erano tante sulle aie e nei cortili della Lessinia nel secolo scorso, poi, secondo una leggenda, i militari tedeschi in ritirata, alla fine dell’ultimo conflitto mondiale, si portarono via tutti i galli riproduttori. Fatto sta che della gallina «Grisa della Lessinia» si erano perse le tracce, finché grazie alla passione dello zoonomo (esperto di scienze e tecnologie zootecniche delle produzioni animali) Maurizio Arduin, e di Plinio Pancirolli con Roberto Marchesini, fondatori dell’associazione «Antica terra gentile» per un’agricoltura e un allevamento biologici e sostenibili, i primi capi sono ritornati sull’altopiano veronese. Da una foto di Plinio bambino con questi polli barrati bianconeri nell’aia di casa, si è riusciti a risalire al ceppo che è una derivazione locale della razza Plymouth Rock barrata. Diffuso in Veneto dalla Stazione sperimentale di pollicoltura di Rovigo, al momento della sua chiusura i capi ancora presenti erano stati trasferiti a Brindisi e all’università di Perugia. Lì sono stati trovati dai soci di «Antica terra gentile», che hanno trasferito 24 galline e 6 galli in Lessinia, facendo partire di nuovo l’allevamento. Dopo questo primo incontro fortunato, quello che ha cambiato il destino della Grisa della Lessinia è quello con Federico Corsi di Mezzane, che fa l’imprenditore edile ma che dall’età di 16 anni ama allevare in proprio le sue galline. «Appena diplomato geometra, non ho aspettato altro e quando sono stato coinvolto dagli amici di Antica terra gentile, ho sistemato un pollaio dietro casa per accoglierle». Da lì è cominciato lo sviluppo su scala quasi industriale dell’allevamento, coinvolgendo gli amici Enrico Morando di Pastrengo, che di professione fa l’architetto, ed Enrico Cassini di Illasi, esperto di impiantistica. Da paesi diversi, con lavori differenti, ma uniti dalla stessa passione per la Grisa della Lessinia, i tre hanno depositato il marchio alla Camera di commercio e avviato l’azienda agricola «Le Bellette» sulle colline di Mezzane di Sotto. Ora, su un terreno in affitto, hanno un allevamento con un migliaio di capi, una cinquantina di galline e otto galli riproduttori, in uno spazio aperto dove le diverse covate possono razzolare liberamente, come nei campi e prati di una volta. «Ci proponiamo di non superare questo numero, al momento, anche per le dimensioni logistiche dell’allevamento: l’obiettivo è ripopolare il territorio di questa presenza che sembrava scomparsa», dicono i tre soci, «fornire ai privati e ai ristoranti carne genuina di animali allevati a terra con alimentazione controllata e biologica». La Grisa della Lessinia è considerata risorsa genetica locale dal Piano nazionale delle biodiversità di interesse agricolo del 2008 e compresa nel Repertorio della biodiversità avicola italiana. È una razza a lento accrescimento (i galli arrivano al massimo a tre chili e mezzo e le galline si fermano fra i due e i tre chilogrammi di peso): ha attitudine sia per le uova, con una deposizione media di 170-190 uova all’anno, sia per la carne. I nemici sono i rapaci tradizionali: in una notte la volpe ha fatto strage di 58 capi; di giorno volano poiane e falchi. L’allevamento si è attrezzato con reti e recinti elettrici per lasciare alle galline la libertà di razzolare all’aperto mentre di notte posatoi a rastrelliera garantiscono il riposo in ambiente protetto. Per chi volesse provare ad allevare qualche capo può rivolgersi direttamene in azienda o presentarsi al mercatino biologico di Arbizzano il primo sabato di ogni mese. Ci sono già dei ristoranti veronesi che propongono abitualmente nei loro menù la carne di Grisa della Lessinia, ma l’allevamento Le Bellette non sarà mai a livello industriale: «Vogliamo alimentare un mercato di nicchia, anche perché siamo già tutti impegnati con i nostri lavori e in tre dedichiamo all’allevamento circa 35 ore alla settimana, l’equivalente del lavoro di una persona», dicono, «ed è più che altro uno stile di vita. Siamo anche noi una risorsa da tutelare, come la Grisa».
L’Arena – 2 ottobre 2013