La politica commerciale di una azienda farmaceutica per vendere un proprio test influenzale nel pieno della psicosi 2012 per l’influenza suina poteva davvero ingenerare nel consumatore l’ingannatoria convinzione di acquistare un prodotto infallibile nella diagnosi
Per questa ragione la seconda Corte d’Appello civile di Milano, con una sentenza che ribalta quella che in Tribunale aveva invece dato inizialmente ragione all’azienda e condannato i consumatori a pagare 17.000 euro di spese legali, ha accolto una class action di consumatori e ha condannato la ditta distributrice del test a risarcire il prezzo d’acquisto della scatola (14,50 euro) a tutti i consumatori che abbiano aderito alla class action e possano dimostrare di aver acquistato il prodotto. Il buffo è che la sentenza, che stabilisce un principio destinato a pesare in futuro su situazioni analoghe ma di ben maggiore impatto economico, nel caso specifico arride a un solo consumatore, l’unico che entro i tempi previsti aderì all’azione di classe proposta dal Codacons un anno fa. Per chi si svegliasse oggi, la sentenza potrà solo costituire un precedente utile per separate e future azioni legali.
La finalità dello strumento processuale dell’azione di classe, introdotta dal legislatore nel 2009, è quella di tutelare i consumatori di fronte a condotte illegittime che esplichino i propri effetti in maniera analoga su una pluralità di individui. Nel 2012 una rappresentante del Codacons aveva proposto appunto una class action contro la Voden Medical Instruments distributrice di «Ego Flu Test Influenza», e in sede di ammissibilità era stata riconosciuta idonea a tutelare gli interessi della classe di consumatori potenziali acquirenti del prodotto.
Diversamente dai giudici di Tribunale, quelli d’Appello hanno individuato «una potenzialità ingannatoria del messaggio contenuto nel bugiardino del test e veicolato nella pubblicizzazione anche esterna alla confezione», nel senso che «il messaggio reclamizzato, unito alle spiegazioni fornite con il foglietto illustrativo, era senza dubbio idoneo a ingenerare nel consumatore medio la convinzione di acquistare un prodotto sicuro e capace di diagnosticare la presenza dell’influenza suina con una probabilità di successo (sensitività e specificità) prossima al 100%» in base a «uno studio comparativo». Ma i giudici Crivelli-Santosuosso-Rollero obiettano che «assumere come riferimento “uno studio comparativo”, senza specificare di quale studio si trattasse e con quale oggettivo livello di affidabilità, ingenera un’idea totalmente falsa nel consumatore», e produce una informazione «fuorviante perché manca il riferimento al livello oggettivo di affidabilità dello studio che viene preso a comparazione».
Infatti, «se il livello di affidabilità dello studio comparato è oggettivamente del 50%, il 99% di cui parla il foglietto illustrativo è in realtà inferiore al 50%». Tanto più che un comunicato stampa della Voden sul sito della società faceva invece «menzione della possibilità che si potessero verificare “falsi positivi o negativi”, possibilità mai prospettata nel bugiardino del prodotto»: questa discrepanza testimonia che l’azienda «era chiaramente a conoscenza della inidoneità del test ad assicurare un risultato vicino alla certezza, ma, ciononostante, ha compilato il foglietto illustrativo in modo tale da ingenerare nel consumatore questa convinzione». E specie «alla luce del particolare contesto di allarme generale in cui si collocava la sua distribuzione», l’aver acquistato un prodotto «che si presentava con determinate caratteristiche, di cui invece era privo, rappresenta per i consumatori un danno patrimoniale corrispondente alla somma spesa per l’acquisto del prodotto».
Luigi Ferrarella – 26 settembre 2013