«Cerchiamo un punto di equilibrio ma senza snaturare il testo», spiegano dal ministero. «Una sanatoria». «No, semmai è troppo debole e restringe la platea degli aventi diritto». «Commenti sopra le righe». Sul decreto cosiddetto «Salvaprecari» è già scoppiata la guerriglia dialettica.
E, ad un mese dalla scadenza della sua conversione, l’unica certezza è che il suo cammino parlamentare sarà tutt’altro che facile. Da una parte Pdl (ieri Brunetta ha detto: «O il decreto cambia o non andrà da nessuna parte») e Scelta Civica sono partiti lancia in resta contro il testo del governo.
Dall’altra i sindacati che hanno sempre parlato di «primo passo» chiedendo però di evitare il licenziamento di massa di 40mila precari dal primo gennaio 2014, senza contare tutti coloro che non hanno un contratto a tempo determinato (oltre 50mila) per i quali il destino è già segnato.
In mezzo, il ministro Giampiero D’Alia, che non si aspettava un giudizio così duro, specie da esponenti della stessa coalizione (è dell’Udc, eletto nelle liste di Scelta Civica).
Il primo giudizio parlamentare del decreto che concede ai precari con 3 anni di contratti negli ultimi 5 di partecipare a concorsi nei quali saranno garantiti loro una quota del 50 per cento dei posti disponibili nel turn over della pubblica amministrazione è arrivato mercoledì.
Il parere è della commissione Lavoro del Senato guidata proprio dal professor Pietro Ichino. La sua relazione, votata da tutti i gruppi (tranne M5s), boccia sonoramente il testo.
«È una sanatoria nella misura in cui dà il messaggio che l’amministrazione pubblica è un’ultima spiaggia», spiega Ichino. In realtà, come dimostrato da l’Unità appena il decreto è stato pubblicato, i precari che p o t r a n n o p a r t e c i p a r e a i c o n c o r s i (quelli a tempo determinato con 3 anni di contratto) sono meno di 50mila e, soprattutto i posti a concorso, definiti in percentuale sul turn over del personale pensionato, è usando stime ottimistiche di soli 43.800 nei prossimi tre anni, la gran parte nella sanità.
Gli emendamenti proposti da Scelta Civica, firmati oltre che da Ichino dall’ex ministro Linda Lanzillotta, prevedono di togliere la «riserva» del 50 per cento dei posti per i precari e di sostituirli con un concorsi aperti nei quali venga riconosciuto un punteggio per ogni anno a contratto.
L’altro punto è quello di «ricorrere alla mobilità per assorbire gli esuberi e colmare i vuoti d’organico prima di procedere ad assunzioni». «La Spending review chiede di tagliare e questo decreto invece punta ad assumere, è un controsenso», spiega Ichino. La posizione di Scelta Civica è molto dura: «Se i nostri emendamenti non saranno appoggiati dal governo, noi voteremo contro la legge, ma il ministro D’Alia ha già detto che è aperto al confronto e mi aspetto quindi che il governo dia parere favorevole».
In realtà le dichiarazioni del ministro sono state altrettanto dure: «Il governo apprezza e valuterà tutte le proposte migliorative del testo sul Pubblico Impiego, comprese quelle dei colleghi Ichino e Lanzillotta. Il loro giudizio sul provvedimento appare tuttavia affrettato e superficiale: dispiace il commento sopra le righe di chi, come la senatrice Lanzillotta, è stata autorevole esponente del governo Prodi che ha fatto una vera e propria stabilizzazione di tutti i precari e di chi, come Ichino, prende a pretesto il governo Monti dimenticando che il precedente governo ha fatto ben due proroghe indifferenziate di tutti i precari, senza affrontare davvero il problema».
COMPROMESSO IN COMMISSIONE? Ma il cammino del decreto è molto lungo. Domani inizierà l’esame alla commissione affari Costituzionali e il relatore sarà Giorgio Pagliari del Pd. Sarà qui che si dovranno scremare gli emendamenti e che avverrà la trattativa col ministro per trovare «un punto di equilibrio che non snaturi il decreto», spiegano da palazzo Vidoni. In aula il decreto arriverà fra la fine della prossima settimana e l’inizio della seguente, anche perché il percorso alla Camera non sarà facile e la scadenza per la conversione è il 29 ottobre.
Nella partita poi entrano anche i sindacati. Se l’Usb spinge per allargare anche ai lavoratori socialmente utili (Lsu) il rinnovo dei contratti, i confederali chiedono di mettere fine al «caos».
«È intollerabile che il destino di oltre 110mila lavoratori sia appeso agli umori delle forze politiche. Sul tema dei precari della Pa ci aspettiamo che il governo e Parlamento facciano chiarezza e in tempi celeri», scrivono i segretari generali Rossana Dettori (Fp Cgil), Giovanni Faverin (Fp Cisl), Giovanni Torluccio (Uil Flp) e Benedetto Attili (Uil-Pa).
L’Unità – 23 settembre 2013