Se la coppia scoppia, stop alle liti per decidere chi si terrà il gatto o il cane. Una proposta di legge presentata dalle deputate del Pdl Maria Vittoria Brambilla e Giuseppina Castiello ipotizza infatti un’integrazione al codice civile, perché in caso di separazione dei coniugi e in assenza di un’intesa sia il giudice a stabilire a chi affidare l’animale.
In particolare si prevede che «il tribunale, in mancanza di un accordo tra le parti, a prescindere dal regime di separazione o di comunione dei beni e a quanto risultante dai documenti anagrafici dell’animale, sentiti i coniugi, la prole, se presente, e, se del caso, esperti del comportamento animale, attribuisce l’affido esclusivo o condiviso dell’animale alla parte in grado di garantirne il maggior benessere». «In caso di affido condiviso, salvo diversi accordi liberamente sottoscritti dalle parti, ciascuno dei detentori provvede al mantenimento dell’animale da compagnia in misura proporzionale al proprio reddito. In caso di affido esclusivo il mantenimento è a carico del detentore affidatario».
«Quasi una famiglia su due in Italia -ricordano Brambilla e Castiello- vive con un animale di affezione: secondo gli ultimi dati diffusi dall’Eurispes addirittura il 55 per cento dei 24 milioni di famiglie italiane ha un cane o un gatto». «Conseguentemente -dicono ancora le due parlamentari- sempre più diffusi sono i casi nei quali cani, gatti e altri animali di affezione, considerati veri e propri membri della famiglia, diventano oggetto del contendere in procedimenti di separazione». Di qui l’esigenza di colmare quello che viene considerato un vuoto normativo per «tutelare gli animali e il loro benessere, in quanto anche loro, riconosciuti esseri senzienti dal Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (Tfue), possono risentire della separazione familiare e dell’eventuale allontanamento dalla casa adibita ad uso familiare»
Le due parlamentari citano anche una sentenza della Corte di Cassazione del 2007, che «riconoscendo il cambiamento della natura del rapporto tra proprietario e animale di affezione, non più riconducibile alla mera proprietà di un oggetto di cui il detentore avrebbe la completa disponibilità, ha equiparato la necessaria tutela di un animale a quella che si deve a un minore». Così, aggiungono Brambilla e Castiello, «alcuni tribunali, in sede di provvedimenti emanati proprio in cause di separazione di coniugi, hanno già applicato per analogia quanto previsto dal codice civile per i figli minori ponendo l’accento sull’interesse materiale e spirituale-affettivo dell’animale conteso da una coppia». Ad esempio «il tribunale di Foggia ha affidato un cane al coniuge ritenuto maggiormente idoneo ad assicurare il miglior sviluppo possibile dell’identità dell’animale e ha riconosciuto contestualmente in favore dell’altro coniuge il diritto di prenderlo e portarlo con sé per alcune ore nel corso di ogni giornata o per giornate concordate dalle parti».
La Stampa – 23 settembre 2013