I numerosi casi di malasanità animale, causati da responsabilità professionale, sono destinati a rimanere impuniti a causa di un vergognoso vuoto legislativo. I veterinari, infatti, contrariamente ai medici degli umani, non sono obbligati a rilasciare cartelle cliniche e referti scritti, né tanto meno sono obbligati al consenso informato, alla specializzazione post laurea, alla reperibilità costante.
Ma i veterinari non sono anch’essi medici, come effettivamente si fanno chiamare? allora, perché devono godere di una così ampia autotutela?Episodi agghiaccianti di malasanità animale ci parlano di operazioni inutili e dannose, diagnosi superficiali eseguite senza un’ adeguata visita clinica e strumentale, manipolazioni maldestre, dosaggi terapeutici errati, omissioni di soccorso e quanto altro.
La storia della cagnetta Lea, deceduta dopo essere stata operata a seguito di una falsa diagnosi di piometra (infezione uterina) è solo uno dei tanti episodi denunciati recentemente dalla nostra associazione, l’ultimo di una lunga serie dove le piccole vittime si chiamano Luna, Panna, Molly, Nuvola,Poldo, Blanca…..centinaia di amici pelosi insostituibili strappati all’affetto delle loro famiglie umane, affetti sinceri e importanti, non certo “cose” intercambiabili. Occorre prendere atto che il ruolo degli animali nella nostra società è cambiato, essi sono veri propri membri della nostra vita sociale ed affettiva, per questo i tempi sono più che maturi per un’ evoluzione legislativa che li tuteli anche dalla malasanità animale.
Fare il medico- veterinario non è un lavoro da svolgere firmando il cartellino, ma una missione che richiede scienza, coscienza e trasparenza terapeutica. Requisiti che devono essere sanciti dalla legge e non certo lasciati alla discrezione personale o ad un codice deontologico iniquo, spesso dimenticato e violato impunemente.
Daniela Ballestra, Associazione “Arca 2000” onlus diritti dell’animale malato – 15 settembre 2013