Domani, a Roma, inizia la maratona Stato-Regioni destinata ad aggiornare il Patto per la salute. Il ministro Beatrice Lorenzin promette innovazioni «coraggiose» e i suo primi interlocutori saranno i veneti Luca Coletto e Domenico Mantoan, coordinatori dei tavoli politico e tecnico della Conferenza.
In passato, tra l’assessore e il manager non sono mancati i disaccordi, stavolta però saranno compatti nel sostenere due linee fondamentali di riforma della sanità: le cure territoriali decentrate come alternativa all’ospedalizzazione generica e l’adozione di costi standard in ogni fase del welfare. Si tratta, d’altronde, dei cardini che ispirano la gestione della sanità, costretta a una radicale riforma sia da ragioni finanziarie (il debito miliardario ereditato e le conseguenti esigenze di rientro) che dalla volontà di aggiornare le politiche di assistenza, cura e riabilitazione. Ciò si tradurrà, nella nostra regione, nel ripensamento della gerarchia ospedaliera, con la definizione marcata di “hub” (poli di riferimento provinciale nei capoluoghi) seguiti da ospedali intermedi, presidi di cura territoriali e assistenza medica di base garantita 24 ore al giorno 7 giorni su 7. Se l’apertura “notturna” degli ospedali per smaltire le liste d’attesa diagnostiche è valsa a Luca Zaia le congratulazioni del Capo dello Stato in visita a Venezia, si tratta ora di consolidare ed estendere la spinta riformista: «Vogliamo aprire i reparti fino alle 24 il lunedì, il mercoledì, il sabato e la domenica», ribadisce il governatore «così sarà possibile utilizzare le grandi macchine, tac e risonanze, in una fascia oraria nella quale i parcheggi delle città sono vuoti, gli ospedali non sono caotici e le strade sono libere. È un eccezionale cambiamento culturale, vorrei solo dare un dato: la Ulss di Vicenza ha già 700 prenotazioni, a conferma che questa partita è un successo». Coletto, per parte sua, sollecita al ministro il piano di riordino degli ospedali: «È necessaria la definizione di dotazioni standard per gli ospedali, senza la quale non ci possono essere i costi standard. Da lì si inizia un percorso che servirà anche a limitare la mobilita’ passiva delle regioni del sud. Il Patto per la salute, in questo senso, servirà a individuare un minimo comune denominatore tra le regioni, così da evitare gli sprechi: ad esempio per quanto riguarda il rapporto infermieri, medici e posti letto, che in alcune regioni raddoppia rispetto alla media».
Il Mattino di Padova – 8 settembre 2013